Notizie Notizie Italia Mps-UniCredit, ci siamo? Tutto per togliere dal groppone di Orcel zavorra crediti e filiali, arrivano stampelle pubbliche Amco e Mediocredito

Mps-UniCredit, ci siamo? Tutto per togliere dal groppone di Orcel zavorra crediti e filiali, arrivano stampelle pubbliche Amco e Mediocredito

1 Settembre 2021 09:23

Mps-UniCredit, l’accordo si avvicina? Il Monte dei Paschi di Siena ha diramato un comunicato con cui ha reso noto che le attività di due diligence da parte di UniCredit continuano. Non solo: Mps ha anche “consentito l’accesso ad una partizione della data room a Mediocredito Centrale, con informazioni relative ad una selezione di sportelli bancari”. “E’ stata, inoltre, predisposta una data room focalizzata sugli aspetti inerenti ai crediti deteriorati e crediti classificati come Stage 2, cui ha avuto accesso AMCO S.p.A“.

Mps-UniCredit, ci siamo quasi. E in data room entrano Amco e Mediocredito Centrale

L’operazione prende forma. L’Avvenire scrive che “La trattativa UniCredit-Mef per il Montepaschi è alla stretta finale“, sottolineando che una spinta arriva proprio dall’interesse di Mediocredito Centrale, aperto a valutare l’acquisto “delle circa 150 filiali di Mps presenti nel Sud Italia, in particolare in Basilicata e in Puglia”.

Andrea Orcel, AD di UniCredit, starebbe ancora definendo il perimetro delle attività che gli interessano, sempre ragionando in base a due parametri, che il quotidiano ricorda:

neutralità rispetto alla posizione di capitale e accrescimento significativo dell’utile per azione dopo aver considerato le possibili sinergie”.

Secondo il quotidiano, Orcel punterebbe al 90% degli sportelli e alla controllata banca di consulenza online Widiba, mentre fuori dal radar rimarrebbero Mps Capital Services (la banca d’affari del Monte,), la fiduciaria, la controllata che si occupa di leasing e factoring e il Consorzio informatico”.

UniCredit vuole garanzie su crediti fino a 15 mld. Ma non chiamatelo salvataggio pubblico

E il fatto che tra i desiderata di Orcel ci sia ovviamente la neutralità dell’operazione Mps sul capitale implica che il dossier non può non prescindere dal doloroso capitolo del crediti non solo deteriorati, ma anche di quelli che rischiano di diventarlo. E qui entra in gioco Amco.

La Stampa indica che “sale il conto per il Tesoro”, principale azionista di Mps con una quota del 64%, con “garanzie su 15 miliardi di crediti”.

In data room, come emerso dal comunicato della banca senese, è entrata per l’appunto anche Amco, sancendo il suo ingresso formale nel dossier Mps.

Con l’entrata Amco si prepara a valutare i crediti del Monte di Stato che, secondo La Stampa, non sono rappresentati solo dai 4,2 miliardi di crediti deteriorati, ma anche da “esposizioni ancora in bonis che presentano” però “caratteristiche di problematicità per UniCredit e che portano il conto totale a circa 15 miliardi”. (esattamente 15,2 miliardi, i crediti che rientrano per l’appunto nella definizione di Stage 2 indicata nel comunicato di Mps):

Ma Amco, per la precisione, è partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed è una società pubblica di gestione e recupero dei crediti deteriorati, così come Mcc, Mediocredito centrale, è una banca pubblica. Al pubblico, insomma, andrebbe tutto ciò che Orcel non vorrebbe prendersi, in primis, per ragioni ovvie, l’ammontare dei crediti deteriorati e anche non.

Anche La Repubblica parla delle garanzie richieste da UniCredit nell’articolo: “Mps, UniCredit chiede nuove garanzie al Tesoro su 15 miliardi di crediti”, facendo riferimento al “braccio di ferro su 15 miliardi di euro di crediti a minore solvibilità, che il probabile compratore non intende intestarsi a meno che il Tesoro offra garanzie in caso di default”. “Si lavora a forme di cartolarizzazione sintetica, che al costo di una commissione spostino i rischi di perdita su terzi. Il negoziato esclusivo, fino al 9 settembre, sarà ragionevolmente esteso, forse tutto il mese, per comporre il mosaico di una trattativa che uno degli attori in campo dice «avanzata, ma non tanto da avere un quadro completo»”.

L’altra stampella pubblica sarebbe per l’appunto Mediocredito Centrale, il cui ingresso in data room  proprio il Sole aveva di recente anticipato.

“Noi abbiamo il mandato di concentrarci sul sistema creditizio e finanziario del Mezzogiorno e, qualora ci fosse bisogno, non potremmo non fare la nostra parte nell’ambito di un progetto industrialmente sostenibile con logiche, criteri e condizioni di mercato”, si era così espresso l’AD di Mcc Bernardo Mattarella, quando si scriveva che la strada che il governo Draghi avrebbe potuto scegliere sarebbe stata quella di portare Mcc – che controlla la Popolare di Bari ad acquistare “gli sportelli di Mps al Sud, rendendo così più digeribile il boccone per il compratore del 64% adesso in mano pubblica”. (La Stampa)

Così La Repubblica:

“Con Amco e Unicredit c’è ora anche Mcc, banca per le imprese controllata da Invitalia pure pubblica – che, come dichiarò il suo ad Bernardo Mattarella fin dal 14 maggio, era interessata a rilevare filiali Mps in Calabria, Sicilia e Campania. Tre regioni chiave per completare la rete a Sud di Mcc, reduce dal salvataggi di Popolare di Bari e Cassa di Orvieto; mentre Unicredit avrebbe forti sovrapposizioni con la sua rete ex Banco di Sicilia. Mcc dovrebbe rilevare un centinaio circa di agenzie ma non il marchio Mps. Il marchio più antico del mondo salvo rovesci resterà a Unicredit, che potrebbe usarlo a doppia insegna sulla rete in Centro Italia”.

Così grave commentano da Equita SIM

“Ricordiamo che Mps ha chiuso il secondo trimestre del 2021 con un NPE ratio del 5.1%, mentre i crediti classificati come stage 2 ammontano a circa €15.2bn, pari al 18% del totale del portafoglio crediti della banca. Di questi, circa 1.7bn sono rappresentati da crediti in moratoria e 2.8bn circa da erogazioni garantite ai sensi del Decreto Liquidità. Riteniamo che l’ingresso di MCC e di AMCO nella data room rappresenti uno step ulteriore al raggiungimento dell’accordo tra UniCredit e il MEF per una soluzione strutturale su BMPS. Sulla base delle indiscrezioni di stampa, UniCredit – a seguito della due diligence ancora in corso – avrebbe ad oggi acconsentito a rilevare circa 30 miliardi dei crediti di Mps (principalmente posizioni con garanzia statale/mutui casa e verso imprese più solide), mentre sulle restanti posizioni l’analisi sarebbe ancora in corso. In particolar modo sulle esposizioni classificate in stage 2 si starebbe valutando la possibilità di riconoscere forme di garanzia a UniCredit. Le indiscrezioni di stampa confermano dunque l’approccio selettivo di UniCredit nella negoziazione con il Mef su Mps, finalizzato a garantire non solo la capital neutrality dell’operazione, ma anche una rapida integrazione e l’eps accreation del deal. Tra le misure che potrebbero essere adottate dal Governo per garantire la capital neutrality dell`operazione, Il Sole 24 Ore ipotizza che possa essere modificata la norma sulla conversione delle DTA in crediti fiscali in caso di fusioni. In particolare la soglia delle DTA convertibili passerebbe dal 2% al 3% del totale degli attivi dei soggetti più piccoli coinvolti nella fusione, norma già inserita in una bozza del Decreto Sostegni Bis poi stralciata. Nel caso di fusione tra UniCredit e Mps (considerando l’intero perimetro), l’ammontare di DTA convertibili passerebbe così da 2,2 miliardi a 3,4 miliardi. Sarebbe poi da valutare se la norma possa essere eventualmente prorogata per il 2022, nel qual caso rappresenterebbe un ulteriore elemento a supporto del consolidamento nel settore bancario (in particolare, ipotizzando un M&A tra UniCredit-Mps-Banco BPM le DTA convertibili passerebbero da 5 miliardi a circa 7 miliardi).