Moody’s porta l’Italia a un passo dal rating Junk, Salvini ci ride su: ‘con outlook stabile ottimo avvicinamento al derby’
Moody’s non risparmia l’Italia e come da attese taglia il rating di un gradino portandolo a Baa3 da Baa2, a un solo gradino dal rating “junk” (spazzatura). L’outlook è stato modificato in stabile. Una decisione ampiamente attesa dal mercato che però potrebbe portare lunedì a nuove tensioni sui Btp dopo che ieri lo spread era schizzato fino a 340 pb (top dal 2013) per poi ritracciare in chiusura a 312 pb. Entro lunedì l’Italia dovrà anche rispondere alla lettera della Commissione Ue. Nella serata di ieri alcune fonti hanno riportato la possibilità di una riduzione dell’obiettivo di deficit in area 2% rispetto al 2,4% indicato dal NADef.
Sono già arrivate le prime reazioni politiche al declassamento arrivato ieri sera tardi. “Siamo qui per rispondere ai problemi degli italiani – rimarca Matteo Salvini – non per far saltare i governi né per impaurirci dai giudizi delle agenzie di rating che in passato hanno clamorosamente dimostrato di fallire i loro giudizi come falliranno questa volta. E’ una buona manovra e andremo fino in fondo“.
“L’Italia è un paese solido – prosegue il leader della Lega – e Moody’s indica outlook è stabile; mi dicono gli esperti che l’importante è che outlook fosse stabile. E’ un ottimo avvicinamento al derby avere un outlook stabile”.
Moody’s parla di vulnerabilità a shock economici
Gli obiettivi di deficit di bilancio significativamente più elevati del governo italiano per i prossimi tre anni manterranno il debito pubblico oltre il 130% del PIL, un livello che rende l’Italia vulnerabile ai futuri shock economici. “Nonostante un impulso di crescita di breve durata dallo stimolo fiscale, i piani economici del governo non consentiranno di affrontare la bassa crescita del paese, che tornerà al massimo al tasso tendenziale dell’1%”, rimarca l’agenzia di rating statunitense.
Stimolo fiscale avrà effetti (pochi) solo nel breve
Sono quindi due i fattori chiave indicati da Moody’s per il downgrade:
1. Un indebolimento nella forza fiscale dell’Italia, con il governo che mira a deficit di bilancio più elevati per i prossimi anni rispetto a quanto ipotizzato in precedenza da Moody. Il rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia probabilmente si stabilizzerà vicino all’attuale 130% del PIL nei prossimi anni, piuttosto che iniziare ad abbassare l’andamento come previsto in precedenza da Moody’s. Inoltre, l’andamento del debito pubblico è vulnerabile a prospettive di crescita economica più deboli, che vedrebbero il rapporto debito pubblico aumentare ulteriormente rispetto al livello già elevato.
2. Le implicazioni negative per la crescita a medio termine dello stallo dei piani di riforme strutturali economiche e fiscali. A parere di Moody, i piani di politica fiscale ed economica del governo non comprendono un’agenda coerente di riforme che affronti il problema della bassa crescita dell’Italia. Dopo un temporaneo aumento della crescita dovuto alla politica fiscale espansiva, l’agenzia di rating si aspetta che la crescita torni al suo tasso tendenziale attorno all’1%. Anche nel breve periodo, Moody’s crede che lo stimolo fiscale fornirà un impulso alla crescita più limitato rispetto a quanto ipotizza il governo.
L’outlook stabile è motivato dal fatto che, a detta di Moody’s, l’Italia mostra ancora importanti punti di forza del credito che bilanciano l’indebolimento delle prospettive fiscali. Tali punti di forza comprendono un’economia molto ampia e diversificata con alcuni settori altamente competitivi, una solida posizione esterna con eccedenze di conto corrente consistenti superiori al 2% del PIL e una posizione di investimento internazionale equilibrata.
I rischi
Tra i fattori che potrebbero indurre a un ulteriore taglio di rating, Moody’s elenca il rischio che aumentino le probabilità che l’Italia esca dall’area dell’euro. “Sebbene attualmente molto bassa – argomenta Moody’s – la probabilità di un tale scenario potrebbe aumentare se le tensioni tra il governo italiano e le autorità europee sulla posizione fiscale dell’Italia e il suo impegno per le regole fiscali aumentassero ulteriormente, in particolare se accompagnate da un aumento del sostegno allo scontro all’interno l’elettorato italiano e/o le misure che indicavano la preparazione per una valuta parallela”.