Moody’s, rischio solo rinviato. Salvini rilancia flat tax famiglie, Mef: costerebbe quanto tre manovre

Moody’s sospende il suo giudizio sull’Italia, che rimane osservata speciale di tutte le agenzie di rating, a causa del suo debito pubblico ostinatamente troppo elevato: e qualche ora dopo, mentre diversi esperti continuano a interrogarsi su come le ambizioni di questo governo possano essere finanziate, arriva la dichiarazione del vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, che rilancia la flat tax per le famiglie, parlando di una rivoluzione epocale.
“La vogliamo far entrare anche nelle case delle famiglie dei lavoratori dipendenti italiani”, ha detto Salvini, ricordando che “noi non abbiamo smesso di lavorare” sulla flat tax “giorno e notte”.
“Con questa manovra economica – ha continuato il ministro in un discorso proferito ieri a Melfi, in provincia di Potenza – siamo già riusciti ad avvantaggiare tantissimi artigiani, partite Iva, commercianti, piccoli imprenditori, liberi professionisti, chi fattura fino a 65 o 100 mila euro: nel 2019 vogliamo entrare anche nelle case delle famiglie dei lavoratori dipendenti italiani”.
Il suo obiettivo viene confermato oggi ai microfoni di Rtl 102.5:
“Non la faremo in un colpo solo ma in 5 anni” – spiega – e per “avviare la rivoluzione epocale della flat tax bastano 15 miliardi di euro”. Per il vicepremier sono dunque “strampalati” i numeri snocciolati dai vari quotidiani, che sono arrivati a parlare di un conto di circa 60 miliardi di euro.
Il vicepremier ha precisato:
“Partiremo con gli scaglioni Irpef più bassi – ha spiegato – a cominciare da quello del 23%”.
Per Salvini le cifre riportate dai giornalui sarebbero, dunque, eccessive. Eppure i giornali hanno riportato la simulazione elaborata dal Mef stesso sulla flat tax da estendere alle famiglie.
Si parla, come precisa l’agenzia di stampa Adnkronos, di un “conto per le casse dello Stato di quasi 60 miliardi, 59,3 mld per l’esattezza, tanto da indurre gli addetti ai lavori a tacciarla di ‘inapplicabilità’. Lo schema visionato parte con una deduzione di 3mila euro per ciascun componente del nucleo familiare con reddito fino a 35mila euro mentre, per i redditi superiori ai 50mila euro all’anno – stando almeno alla simulazione elaborata da via XX settembre – non sarebbe prevista alcuna deduzione. Il testo – in cui si richiama il ‘contratto per il governo del cambiamento‘ – fa riferimento ad una duplice aliquota: del 15% fino a 80mila euro di reddito e del 20% per i redditi superiori a tale soglia. La misura, si legge nel documento, favorirebbe un numero di nuclei familiari pari a 16,4 milioni, mentre il vantaggio medio familiare sarebbe di circa 3.600 euro. Ma i numeri emersi dalle proiezioni portano i tecnici a stroncare senza appello la flat tax estesa alle famiglie: “E’ praticamente impossibile avviarla”, sostengono ricordando che il costo equivarrebbe a circa tre manovre economiche.
“E anche laddove si dovesse fissare la soglia dei 50mila euro – spiegano ancora all’Adnkronos – staremmo su un costo intorno ai 25 miliardi“.
Su Twitter rimbalzano i commenti di diversi economisti, come quello di Riccardo Puglisi, Professore associato di economia nell’Università di Pavia e redattore de @lavoceinfo. :
Salvini vuole la flat tax al 15% quando già deve trovare più di 40 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia del 2020.
Non gli avete ancora riso in faccia?
— Riccardo Puglisi (@ricpuglisi) March 18, 2019
Dice la sua anche Giampaolo Galli, economista dell’Osservatorio dei conti pubblici.
Flat tax della lega costerebbe 59 miliardi. Ma questi continuano a giocare con i nostri soldi? Il loro compito è trovare il modo di reperire decine di mld per coprire il buco che hanno fatto e invece parlano di fare un buco ancora più grande. Pazzesco! https://t.co/tG1mCbU2BV
— Giampaolo Galli (@GiampaoloGalli) March 17, 2019
Flat tax, altra minaccia debito. Rischio Moody’s solo rinviato
Sul fronte Moody’s, l’agenzia ha deciso dunque di rinviare il suo giudizio sul debito italiano, che è pari a “Baa3”, appena un gradino al di sopra del livello “junk”, spazzatura, a seguito del downgrade dello scorso ottobre (con outlook comunque stabile).
E’ stato in quel mese che Moody’s ha rivisto il rating sull’Italia da Baa2 a Baa3.
In quell’occasione, poche settimane prima che le trattative sulla legge di bilancio tra il governo M5S e l’Unione europea entrassero nel vivo, scatenando inizialmente i timori dei mercati, Moody’s aveva espresso la preoccupazione che il deficit italiano si confermasse “significativamente più elevato” rispetto alle attese.
L’agenzia di rating aveva bocciato le spese previste dall’esecutivo giallo-verde, in particolare il reddito di cittadinanza, il rilancio dei centri dell’impiego e la rottamazione della legge Fornero sulle pensioni, con quest’ultima, aveva scritto, che “pone a rischio, nel lungo periodo, la sostenibilità del sistema previdenziale”.
Ancora, Moody’s aveva fatto un po’ di conti, prevedendo un impatto sul Pil delle spese di cui sopra pari allo 0,8%. Il mancato aumento dell’Iva, aveva aggiunto, avrebbe fagocitato un altro 0,7% del prodotto interno lordo italiano mentre l’incidenza dei maggiori investimenti pubblici, aveva stimato, sarebbe stata pari allo 0,2%-0,3% del Pil.
L’agenzia di rating è tornata a parlare di Italia un mese fa circa, quando ha pronosticato una crescita del Pil compresa tra lo zero e lo 0,5%, nelle stesse ore in cui Desmond Lachman, ex vicedirettore presso la divisione di sviluppi politici Policy Development and Review Department del Fondo Monetario Internazionale, parlava di camicia di forza dell’euro.
Intanto lo spread oggi è sotto controllo, con gli investitori che guardano positivamente al mancato downgrade di Moody’s sul rating italiano. Il differenziale tra i rendimenti dei BTP e dei Bund a 10 anni scende di quasi il 3%, a 234,7 punti base. I tassi sui BTP decennali scendono del 2,48% al 2,44%, mentre i tassi sui Bund salgono di oltre +10%, allo 0,09%.