Minibot fabbrica di nuovo debito, Mazziero spiega l’irrazionalità dello strumento e propone una soluzione alternativa
Uno dei temi più discussi in queste ultime settimane è sicuramente quello dei minibot. Un tema che ha acceso lo scontro anche all’interno del Governo dopo la bocciatura di Tria. Liquidati anche da Draghi che li ha definiti “o valuta parallela e quindi illegale, oppure incremento di debito”, i minibot, sognati da molti leghisti, in primis Claudio Borghi presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, rimangono la proposta dei due partiti di maggioranza per cercare di risolvere il problema dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione.
Per far luce sui minibot, capire cosa sono, come funzionano e come impatterebbero su imprese, conti pubblici e interessi degli investitori, abbiamo intervistato Maurizio Mazziero. Analista finanziario, docente SIAT e autore del libro “La crisi economica e il macigno del debito”, Mazziero, da diversi anni, è anche responsabile dell’osservatorio sui dati economici italiani pubblicati trimestralmente sul sito Mazziero Research.
Maurizio, quando nasce l’idea del minibot e perché è stata rispolverata?
“Di minibot si è parlato in diverse fasi, non è una novità. Fu ipotizzato per la prima volta dall’ultimo Governo Berlusconi. Non è un’idea nuova ed è ritornata alle luci della ribalta per la mozione bipartisan, ovvero approvata all’unanimità dalla Camera dei Deputati il 29 maggio 2019 e che aveva lo scopo di sollecitare il governo a porre in atto quelle misure utili a ridurre il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione verso le aziende. Nella mozione si diceva anche che, per sbloccare il pagamento, si potevano utilizzare Titoli di Stato di piccolo taglio. Il Mini Bot è dunque una semplificazione, ma l’idea la portava già la mozione”.
Che cosa sono i minibot?
“Semplicemente dei Bot, ovvero Titoli di Stato di piccolo taglio. Non si è per ora parlato del valore nominale del singolo minibot, sicuramente sarà inferiore a 1.000 euro, molto probabilmente il valore nominale potrebbe aggirarsi intorno ai 50, 100 euro cadauno. Il fatto però è che non ci sono caratteristiche precise al di fuori della denominazione di Titoli di Stato di piccolo taglio. È tutto ancora molto fumoso”.
In ogni caso, continua Maurizio, “Il minibot non è qualcosa che ti viene consegnato e tu alla scadenza ottieni il capitale. Il minibot non prevede il rimborso ma serve per pagare le tasse. È uno strumento di pagamento tributario, lo scambi a fronte delle tasse che devi allo Stato. Questo apre tutta una serie di problemi”.
I minibot nascono per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Ma a quanto ammonta questo debito?
“Secondo l’ultima ricognizione del Ministero del Tesoro, che ha fatto un focus l’8 maggio 2019, i debiti delle fatture 2018 ancora non pagate dalla pubblica amministrazione ammonta a 27,9 miliardi. Questi 27,9 miliardi figurano come debito pubblico a tutti gli effetti. Ci sono poi altri dati di Banca d’Italia che ci dicono che le passività commerciali dello Stato al netto di quelle già conteggiate nel debito pubblico ammontano a 43 miliardi. Il riferimento è dunque a quelle del 2019. Attenzione però, questo non vuol dire che i debiti della pubblica amministrazione siano aumentati. Nel 2018 infatti le fatture verso la pubblica amministrazione ammontavano a 148,6 miliardi e ne sono state pagate 120,7 miliardi. La differenza sono quei 27,9 miliardi di cui abbiamo parlato prima. Quindi oggi ci troviamo una parte che sono state pagate, una parte ancora da pagare del 2018 e 43 miliardi che però ancora non sono conteggiati come debito pubblico”.
Come mai questi 43 miliardi non emergono come debito?
“Quando le pubbliche amministrazioni, comuni, provincie, aziende sanitarie locali e regioni chiedono una lavorazione, ricevono una fattura dall’azienda e poi le pagano con le disponibilità di tesoreria. Facciamo l’esempio del Comune. Se questo non possiede subito i soldi per pagare le aziende, che fa? Attende per esempio gli introiti di IMU o TASI e poi paga. Fin tanto che la situazione rimane così, questo non emerge come debito”.
Quando allora queste passività diventano debito?
“In due casi. O quando l’ente pubblico chiede un prestito alla Cassa Depositi e Prestiti, quindi quel passivo emerge subito come debito pubblico, oppure a consuntivo, ovvero a fine anno se il debito commerciale non è stato già saldato”.
Quindi con i minibot emergerebbe altro debito pubblico, o comunque emergerebbe prima. Giusto?
“Certo. Qui viene fuori tutta l’inutilità dei minibot. Perché nel momento in cui si vuole pagare quei 43 miliardi con dei minibot, bisogna che l’ente locale chieda l’emissione di minibot al Tesoro e allora verrebbe registrato immediatamente come debito pubblico. Cosa che andrebbe a complicare ulteriormente i parametri patrimoniali del nostro Paese come il rapporto debito pubblico/Pil. Il rischio è di uscire ancora di più fuori dai parametri europei. Se siamo già sotto procedura d’infrazione e aumentiamo il debito peggioriamo la situazione. Anche perché, dobbiamo considerare che la procedura non è tanto per il debito eccessivo ma perché l’Europa non vede dei passi sufficienti nella riduzione del debito”.
A questo punto allora dobbiamo chiederci se le aziende siano contente di essere pagate con i minibot. Cosa ne pensano le società che lavorano con la pubblica amministrazione?
“La risposta migliore l’ha data Carlo Bonomi”. Il presidente di Asso Lombarda ha affermato: ‘Non capisco perché il governo continui a provocare le istituzioni europee con temi inesistenti. Come imprenditori vogliamo essere propositivi, allora dico sì ai minibot, ma sperimentandoli per un anno per pagare ministri e parlamentari. Vediamo se funzionano!’. Insomma, gli imprenditori si sono già espressi, e non sono favorevoli.
Perché?
“Due le ragioni principali. In primis, come abbiamo detto, il minibot non prevede il rimborso ma serve per pagare le tasse. Facciamo un esempio, ipotizziamo che il Comune di Milano debba pagare l’azienda X con 50.000 euro di minibot. La società può usarli per pagare le tasse. Ma siamo sicuri che la società X sia disposta a tenersi magari anche 6 mesi i minibot per scontare le tasse? E se ti servono prima i soldi per necessità di cassa? C’è altro problema. Se io ricevo 50.000 euro di minibot e ho tasse da pagare per 30.000? i 20.000 di differenza chi me li dà? Devo aspettare l’anno successivo oppure devo scambiare i miei minibot sul mercato. E questo apre un altro problema”.
Ovvero?
“Immaginiamo una società che lavora con il comune di Milano. La società ha pagato del materiale, deve pagare i dipendenti e i contributi dei dipendenti. Insomma, deve coprire tutti i costi operativi. Ha emesso la fattura e a quel punto si vede recapitare dei minibot, di fatto carta. Questi minibot li potrebbe utilizzare per pagare le tasse, ma, come abbiamo detto, possiamo pensare che la società abbia bisogno di liquidità. E cosa dovrebbe fare la società per ottenere il cash partendo da questa carta? Dovrebbe scambiarli su un circuito secondario, proprio come avviene oggi per i Titoli di Stato con il MOT. Questo è un problema che ancora nessuno ha considerato”.
Maurizio, ma se si crea un circuito secondario bisognerà anche rendere appetibili questi certificati per altri? Insomma, andranno scambiati a sconto, giusto?
“Corretto! Ci vuole un circuito secondario dove poter scambiare i minibot con investitori che possano essere interessati. A questo punto però, come accennavi, io imprenditore che possiedo questi minibot, dovrò venderli a sconto sul valore nominale. Se infatti c‘è qualcuno che ti vuole comprare questi minibot, mica te li compra al valore nominale ma leggermente sotto, altrimenti che convenienza ha? E questo sconto come si traduce per l’azienda che è stata pagata con il minibot dalla pubblica amministrazione? Prenderà meno soldi. Queste sono le ragioni per cui le aziende non sono troppo entusiaste della trovata del Governo”.
E invece un investitore come percepisce questi minibot? Rappresentano un’opportunità o un rischio?
“Come abbiamo detto, i minibot farebbero emergere nuovo debito. Ora, l’investitore estero che si è comprato i Titoli di Stato, ha deciso di comprarli perché rendono bene, avendo fatto la sua valutazione sul rischio Paese. È chiaro che lui fa affidamento, per ricevere il pagamento delle cedole e il pagamento a scadenza, sul fatto che ci siano introiti fiscali. Ma se questi diminuiscono perché entrano dei minibot che vanno a sconto delle tasse, aumenta il rischio. Se aumenta il rischio deve aumentare anche il rendimento dei Titoli di Stato. E il rendimento lo paghiamo noi, ulteriore peso sui conti pubblici”.
A questo punto non è meglio limitarsi a fare altro debito con Titoli di Stato “classici”?
“Infatti, la mia proposta è proprio questa. Senza stare a creare ulteriori sovrastrutture e rischiare di fare veri e propri disastri all’Italiana, basterebbe emettere altri Titoli di Stato per pagare subito quelle somme. Andremmo comunque ad aumentare il debito pubblico, ma le società si vedrebbero pagare i debiti per cassa e non con carta. Inoltre, eviteremo di creare strutture adibite allo scambio di questi prodotti finanziari e tante complicazioni”.