Per le commodity è finita l’era del mercato ribassista. Tre buoni motivi per investire
Il mercato delle materie prime ha raggiunto un punto di svolta. E, per gli analisti, sarebbe finita l’era ribassista. Quest’anno, spiega Geoff Blanning, Head of Commodities di Schroders, almeno una dozzina di commodity ha guadagnato più del 10% (alcune oltre il 30%) e i maggiori aumenti dei prezzi, in termini percentuali, avvengono in corrispondenza dell’inizio di un ciclo di rialzi. “Il momento migliore, cioè quello con i minori rischi, per comprare qualcosa è proprio quando le aspettative del consenso si stanno trasformando da ribassiste a rialziste, come sta succedendo ora per le commodity – dice Blanning – Per gli investitori quindi è arrivato il momento di focalizzarsi su questa trascurata asset class“.
Protezione contro l’inflazione
Ma vediamo nel dettaglio le ragioni che inducono a credere in una concreta inversione del trend per le commodity. Il primo motivo è la protezione dall’inflazione. E, vista la continua stampa di moneta da parte delle Banche Centrali, l’inflazione è destinata ad accelerare. “È vero – spiega Blanning – che finora gli interventi non hanno generato inflazione, ma, a nostro avviso, il rapido aumento dei prezzi delle materie prime da inizio anno è un segnale che forse è iniziata la fase inflazionistica. E il modo per proteggersi è evidente: comprare commodity”.
Il fattore dollaro
La seconda ragione è il dollaro. La maggior parte delle materie prime è prezzata in dollari, il che significa che diventano più care quando il biglietto verde si apprezza. Inoltre, quando il dollaro è forte, normalmente costringe le Banche Centrali ad adottare politiche più restrittive allo scopo di sostenere le proprie divise, il che limita la creazione di liquidità. Quest’anno, però, questa dinamica ha iniziato a invertirsi con l’indebolimento del dollaro. “Certo, la moneta statunitense potrebbe tornare a salire, soprattutto se la Federal Riserve inizierà a normalizzare la politica monetaria in modo più aggressivo – spiega Blanning – Tuttavia, storicamente i cicli di inasprimento della Fed il più delle volte non sono stati in grado di invertire il trend di deprezzamento del dollaro o quello di incremento dei prezzi delle commodity“
Effetto India
Per ultimo, il fattore India. Il boom delle commodity dovuto alla Cina si è per il momento esaurito, ma la domanda di materie prime da parte dell’India sta crescendo rapidamente. La richiesta di petrolio, per esempio, sta aumentando a un ritmo superiore a quello cinese, il che fa la differenza a livello di dinamiche sul mercato del greggio. Per non parlare, aggiunge Blanning, della domanda complessiva dell’India di commodity, inclusi olio di palma, zucchero, gomma e gas naturale, in rapida ascesa. “A nostro avviso, è probabile che l’India diventi un focus molto rilevante per il mercato delle materie prime in futuro“, commenta lo strategist.
Scelte di portafoglio
Quella delle commodity è un’asset class meno presente della media nei portafogli degli investitori. E’ vero che la continua ondata di vendite degli ultimi anni ha rallentato, ma solo pochi investitori hanno iniziato a comprare. Inoltre non tutte le materie prime hanno toccato il fondo e sono pronte a rimbalzare. “Dopo una fase di forti guadagni, è normale vedere delle correzioni, come sta accadendo per esempio all’oro – dice Banning – Inoltre, l’outlook debole della Cina pone ancora molti interrogativi per diverse commodity industriali, come il rame”. “Tuttavia riteniamo che, considerando i rischi rispetto al ritorno potenziale, le ragioni per investire in commodity con una strategia diversificata e attiva oggi siano più forti che mai”, conclude Blanning.