La resa delle banche centrali: dall’RBA in Australia alla Bce
C’è la RBA, banca centrale australiana, che ammette che è improbabile che nel 2019 i tassi saranno alzati. Alla vigilia del Bce-day, una cosa è chiara: le banche centrali di tutto il mondo stanno facendo dietrofront, consapevoli di come il nuovo dilemma, allo stato attuale delle cose, sia decidere, piuttosto, se tagliare o meno il costo del denaro.
Gli economisti si fanno già avanti con le loro previsioni. Quelli di Macquarie, per esempio, prevedono che la RBA di Philip Lowe taglierà i tassi di ben 50 punti base nel 2019.
D’altronde, anche in Australia i fondamentali dell’economia stanno rallentando, come emerge dal dato sul Pil del quarto trimestre che è stato reso noto nella giornata di oggi.
Gli economisti di Macquarie Ric Deverell e Justin Fabo scrivono così che la RBA ha davvero poco da perdere da un eventuale mossa di politica monetaria espansiva.
“Non riusciamo a capire quali rischi al ribasso potrebbero manifestarsi, in caso di ulteriore allentamento monetario”. Tutt’altro, la paura è che l’economia australiana possa fare peggio. Tanto che i due avvertono che, “nel caso in cui i fondamentali peggiorassero in modo netto, un sostegno aggiuntivo di politica (monetaria) dovrebbe essere fornito”.
Macquarie paventa anche la possibilità che in Australia venga lanciato un QE.
Ma gli analisti della banca non sono certo i soli a pronosticare un taglio dei tassi; idem fanno Nomura e AMP, così come anche Westpac.
Quest’ultima ha rivisto tra l’altro le previsioni sul Pil australiano del 2019 e 2020 dal 2,6% al 2,2%. E le stesse dichiarazioni rilasciate oggi da Philip Lowe, governatore della banca centrale, hanno messo in allerta tutta la comunità degli investitori.
Lowe ha infatti annunciato che l’approccio della politica monetaria australiana è ora neutrale, quando fino a oggi era restrittivo.A questo punto, Westpac prevede un taglio dei tassi da parte della RBA ad agosto e poi a novembre di quest’anno.
Non solo RBA, domani è il Bce-Day
Cosa farà invece domani la Bce di Mario Draghi? Occhi puntati soprattutto sull’annuncio con cui la banca centrale potrebbe inaugurare un nuovo round di TLTRO, ovvero di finanziamenti alle banche a tassi agevolati.
Sul fronte tassi, gli economisti ritengono che sia tutto rimandato, ormai, al 2020.
Un avvertimento sull’indebolimento dei fondamentali dell’Eurozona è stato lanciato nelle ultime ore, tra gli altri, da Mohamed El-Erian, in un’intervista rilasciata a Reuters.
“La gente sta sottovalutando quanto velocemente l’Europa sta rallentando”, ha avvertito l’ex amministratore delegato di Pimco, ora capo economista di Allianz (che gestiva 1,4 trilioni di euro in asset, alla fine del 2018 – E il problema è sempre quello: la Bce ha strumenti ormai limitati per rispondere alla debolezza della congiuntura, e i governi europei non sono pronti a rispondere con misure di politica fiscale espansiva” a causa dei vincoli di bilancio imposti da Bruxelles.
Tutto questo, mentre i cinque principali mercati dell’Unione europea – Regno Unito, Italia, Germania, Francia, Spagna e Italia – fanno fronte a problemi interni ed europei, che spaziano dalla Brexit alla spesa pubblica (come nel caso dell’Italia che sfida Bruxelles). E questi problemi, rileva El-Erian, sono tossici per la crescita.
“Questo team – dice l’economista, riferendosi all’Europa in generale – vuole giocare al massimo, ma i suoi cinque principali giocatori stanno giocando tutti al di sotto del potenziale”.
E’ l’Europa, secondo El-Erian, il rischio numero uno a cui fanno fronte i mercati globali, seguita dal rallentamento della Cina, dalle politiche monetarie delle banche centrali e dai conflitti commerciali. Ma il punto è che le munizioni delle banche centrali sono sempre più limitate, anche perchè gli stessi istituti “si stanno rendendo conto che un eventuale nuovo round di politiche anticonvenzionali significherebbe benefici minori (probabilmente a causa degli effetti che avrebbe sulla redditività delle banche), costi e rischi più elevati. Dunque davvero il loro desiderio sarebbe quello di procedere a un percorso di normalizzazione“.
Detto questo, l’economia parla chiaro. Il rallentamento è evidente, per cui è improbabile che le banche centrali, dall’RBA alla Bce passando per la Bank of England alle prese con la Brexit, possano proseguire tranquillamente nel processo di normalizzazione dei tassi. Gli analisti intervistati da Reuters ritengono per esempio che la Bce non alzerà i tassi almeno fino al 2020. E questa, in un certo senso, è una resa, ma anche un segnale di sconfitta. Si ripropone l’eterno interrogativo: l’eroina monetaria è diventata quello che è già stato in passato, ovvero una trappola della liquidità?