Notizie Dati Macroeconomici Italia: CSC, la recessione è finita ma a questi livelli la crescita del Pil non è sufficiente

Italia: CSC, la recessione è finita ma a questi livelli la crescita del Pil non è sufficiente

26 Giugno 2015 10:23

Nonostante uno scenario decisamente favorevole, la crescita dell’economia italiana è ancora troppo debole. Questo lo scenario che emerge dalla pubblicazione del report “Venti a favore, freni straordinari. Crescere di più, distribuire meglio” presentato oggi a Bologna dal Centro Studi di Confindustria. “La parola ripresa è inappropriata, anche politicamente: è da evitare”. Il Prodotto interno lordo del Bel Paese è visto in aumento dello 0,8% nell’anno corrente e dell’1,4% nel 2016, +0,3% in entrambi i casi rispetto alle stime diffuse a dicembre. Per il 2015, ad aprile l’esecutivo aveva stimato un +0,7% mentre a distanza di un mese la Commissione Europea ha pronosticato un +0,6%.

“La dinamica del Pil è prevista in accelerazione nel secondo semestre di quest’anno e in graduale attenuazione nel 2016”, rileva il CSC. La risalita della nostra economia è quindi iniziata ma sarà un processo lento e difficile. “L’Italia soffriva di lenta crescita prima della crisi, ma quest’ultima ha ulteriormente diminuito il potenziale del Paese”.  Il 2015 è partito bene ma “la performance non è quella che ci sarebbe stata in altri tempi, di fronte a così forti stimoli esterni”.

A questi ritmi di crescita, fanno sapere da Viale dell’Astronomia, il Pil tornerà al livello del 2007 non prima del 2023. “Per recuperare prima quei livelli e riportarci sui valori che avremmo avuto senza la crisi è vitale portare a termine tutte le riforme e innalzare il tasso di crescita al 2,5% annuo. Non possiamo accontentarci del ritmo di recupero in corso”.

Per quanto riguarda i conti pubblici, il rapporto tra deficit e Pil dal 3% di quest’anno è visto al 2,7% nel 2015 e al 2% l’anno prossimo mentre il debito/Pil passerà dal 132,7% di quest’anno al 131,9%. Al 43% nell’anno corrente, la pressione fiscale è stimata al 42,7% il prossimo. L’inflazione dal +0,2% di quest’anno salirà allo 0,6% nel 2016 e il tasso di disoccupazione dopo aver toccato un picco al 13% nel novembre 2014, è atteso in diminuzione all’11,8% a fine 2016.

I venti a favore ci sono, ma sono soprattutto esterni (prezzo del petrolio calmierato, svalutazione dell’euro, tassi di interesse globali ai minimi e la ripresa del commercio mondiale).  Esogeni però anche i due maggiori fattori di rischio, il contagio in arrivo da un deterioramento della questione greca e il possibile rallentamento dell’economia globale.