L’Irlanda compie un altro passo per la sua exit strategy, situazione Eurozona in stallo
L’Irlanda ha messo un punto fermo nella sua exit strategy dalla crisi del debito, non l’Eurozona. A Dublino è riuscito il colpaccio, ma la spia su Eurolandia è ancora accesa. Il traballante governo di Brian Cowen ha fatto approvare dal Parlamento irlandese il bilancio 2011. Una partita che si è giocata con il pallottoliere in mano: la maggioranza di Cowen contava, infatti, solo due seggi di vantaggio. Dublino si è messo alla prova con una delle più onerose manovre di bilancio della storia del Paese per risanare i conti pubblici e soprattutto per incassare la prima tranche degli 85 miliardi di euro degli aiuti Ue e Fmi.
Il piano di austerity 2011 presentato ieri in Parlamento prevede risparmi per 6 miliardi di euro. Ma nessun è escluso. La manovra toccherà pensioni, salari minimi e assegni familiari. Sarà ridotto del 10% il credito di imposta e per la prima volta la platea dei contribuenti viene allargata a una ampia fascia a basso reddito. Resta fuori, per il momento, un aumento della tassa del 12,5% sulle imprese. Si tratta di un piano di austerity quadriennale che prevede tagli per 10 miliardi di euro fino al 2014, mentre 5 miliardi verranno dall’aumento della pressione fiscale. Era comunque un passo obbligato per l’esecutivo di Cowen in quanto il via al piano di bilancio è la precondizione imposta dall’Ue-Fmi a Dublino per mettere in moto il meccanismo di salvataggio.
Con l’approvazione della finanziaria Dublino ha compiuto il primo passo del maxipiano anti-deficit da 15 miliardi di euro per i prossimi quattro anni. Periodo entro il quale Lenihan ha l’ambizione di riportare il deficit-Pil dall’attuale 32% entro il tetto del 3% fissato per l’eurozona. A stretto giro i ministri finanziari della Ue hanno dato il via libera definitivo al piano di aiuti per l’Irlanda: 85 miliardi di euro, di cui 35 andranno per la ristrutturazione della banche.
La prima tranche di prestiti Ue-Fmi arriverà a metà gennaio. Ma sul resto della strategia anticrisi dell’Eurozona è stallo. Dopo il doppio no di Berlino sulla proposta di aumentare il Fondo salva-Stati, fortemente sponsorizzata da Bce ed Fmi, e su quella di emettere eurobond attraverso un’Agenzia europea del debito lanciata da Juncker-Tremonti, la palla passa direttamente ai capi di Stato e di governo, che si riuniranno la prossima settimana a Bruxelles in un vertice che si preannuncia di fuoco.
La mancanza di decisioni immediate ha infastidito l’Fmi, per il quale la risposta alla grave crisi dei debiti sovrani in Europa è ancora insufficiente: e ciò non fa che aumentare i rischi di contagio. Al direttore generale del Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, non è andato giù il fatto che sulla sua proposta di incrementare le risorse del Fondo salva-Stati l’Eurogruppo di ieri si sia concluso con un nulla di fatto.