Inflazione o anche la ‘tassa più crudele’ : in Usa balza al record dal 1982. Ma dopo shock Fed la speranza è che il picco sia vicino
La brutta notizia è che l’inflazione Usa ha accelerato di nuovo il passo, balzando al nuovo record da febbraio del 1982. La notizia non proprio bella, ma che dà un po’ di conforto, è che il rialzo, almeno del dato headline, non è stato superiore alle attese degli analisti.
Di fatto, nel mese di dicembre, l’indice dei prezzi al consumo degli States è scattato al ritmo di crescita, su base annua, pari a +7%, rispetto al +6,8% di novembre. Gli analisti intervistati da Dow Jones avevano previsto proprio un balzo del 7% su base annua, al tasso più forte dal 1982, per l’appunto.
Su base mensile, la crescita è stata però superiore alle attese, pari a +0,5%, rispetto al +0,4% atteso. Più delle attese è stato anche il rialzo annuo della componente core del dato, ovvero l’indice depurato dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’inflazione core, avanzata del 5,5%, rispetto al +4,9% precedente, contro il +5,4% previsto.
Più delle attese, infine, la crescita dell’inflazione core su base mensile, pari a +0,6%, contro il +0,4% atteso.
Il quadro, dunque, non è rassicurante: l’inflazione, negli States, corre. C’è pero la speranza che il picco dell’inflazione sia vicino, come hanno fatto notare anche alcuni economisti intervistati dalla Cnbc. Economisti come Luke Tilley, chief economist presso Wilmington Trust, che ha detto che, “a un certo punto, nel corso dei prossimi due mesi, l’inflazione avrà testato il suo picco, a dicembre oppure nel corso del primo trimestre. Noi prevediamo che l’inflazione rallenterà nel 2022. Ci aspettiamo che i prezzi saliranno dunque più lentamente nel 2022 rispetto a quanto hanno fatto nel 2021”.
D’altronde, ha ricordato Tilley, “gli stimoli (che siano fiscali e/o monetari) non sono gli stessi dell’anno scorso. Prevediamo inoltre una spesa più debole, a fronte di problemi dell’offerta che non saranno stati ancora risolti del tutto che che, nel caso di alcune catene di approviggionamento, avranno superato la fase critica”.
Inflazione fa paura anche alla Fed: toni più hawkish da Powell & Co.
Da segnalare la carrellata di dichiarazioni-alert sull’inflazione degli Stati Uniti delle ultime ore. Protagoniste le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che ha parlato ieri nella sua audizione alla Commissione bancaria del Senato Usa, per la sua riconferma alla carica di numero uno della banca centrale americana. Powell ha ribadito che l’economia americana versa in condizioni tali da avallare una politica monetaria più restrittiva: “Nel corso di quest’anno…- ha sottolineato – se la situazione si svilupperà come previsto, normalizzeremo la politica (monetaria), il che significa che termineremo i nostri acquisti di asset nel mese di marzo, il che significa che alzeremo i tassi nel corso dell’anno – ha detto Powell -A un certo punto, forse verso la fine di questo anno, inizieremo a ridurre il bilancio, e questa è semplicemente la strada per normalizzare la politica”.
“Se vedremo che l’inflazione persisterà ad alti livelli per un periodo di tempo più lungo delle attese – ha aggiunto Powell – se dunque dovremo alzare di più i tassi, allora lo faremo. Utilizzeremo tutti i nostri strumenti per far tornare l’inflazione” a livelli considerati accettabili.
Prima di lui hanno preso la parola diversi esponenti della Fed, in particolare il numero uno della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, in un’intervista rilasciata a Reuters; la presidente della Federal Reserve di Kansas City Esther George; la numero uno della Fed di Cleveland, Loretta Mester.
I toni dei tre esponenti della Fed sono stati tutti hawkish.
Bostic in particolare ha detto chiaro e tondo che, “se le cose continueranno ad andare come stanno andando, sarà ragionevole iniziare ad alzare i tassi a marzo“.
“Esiste il rischio che l’inflazione rimanga elevata per un periodo di tempo lungo – ha detto il banchiere, sottolineando di prevedere per il 2022 tre rialzi dei tassi. “La Fed ha bisogno di agire in modo diretto, chiaro e aggressivo – ha detto ancora Bostic – e c’è bisogno di una riduzione veloce del suo bilancio”.
A spingere per un taglio più veloce del bilancio della Fed è stata l’altra esponente della Fed, la numero Esther George:
“Personalmente, preferirei che si decidesse di ridurre il bilancio (del valore di $8,8 trilioni) più presto che tardi, in concomitanza con la rimozione delle misure di politica monetaria accomodante”, ha detto. E anche la presidente Fed di Cleveland, Loretta Mester, si è detta favorevole a una prima stretta sui tassi nel mese di marzo:
“L’inflazione è più persistente – ha fatto notare -, con gli aumenti dei prezzi che si stanno confermando diffusi”. Mester ha aggiunto di ritenere che i tassi di interesse saranno alzati tre volte nel 2022, e ha sottolineato che “ci sono solide ragioni per ritirare le misure accomodanti”.
Inflazione non scompone Dimon (JP Morgan)
Di politica monetaria più restrittiva da parte della Fed ha parlato anche Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, in una intervista rilasciata alla Cnbc, in occasione della 40esima conferenza sull’healthcare inaugurata dal colosso bancario Usa, la 40th Annual J.P. Morgan Healthcare Conference.
Secondo Dimon, l’economia Usa crescerà quest’anno al ritmo più forte degli ultimi decenni, probabilmente al tasso migliore dal periodo successivo alla Grande Depressione, anche se la Federal Reserve alzerà i tassi più di quanto atteso dai mercati.
Nel commentare l’outlook degli economisti di Goldman Sachs di ben quattro strette monetarie da parte della Fed, il ceo e presidente di JP Morgan si è così espresso: “E’ possibile che l’inflazione risulti peggiore di quanto prevedano e che (la Fed) alzi dunque i tassi più delle attese. Personalmente, sarei sorpreso se i rialzi dei tassi fossero solo quattro”.
Occhio alla reazione dei tassi sui Treasuries, con quelli decennali che, dall’1,51% della fine del 2021, sono schizzati qualche giorno fa fin oltre la soglia dell’1,80% per la prima volta dal gennaio del 2020, tornando dunque ai livelli precedenti la pandemia Covid-19. Leggi anche
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Il balzo dei tassi è stato scatenato sia dai toni più hawkish della Fed, emersi con la pubblicazione delle minute relative all’ultima riunione del 2021 – con tanto di dichiarazioni shock sul bilancio della Fed – che dalla pubblicazione del report occupazionale Usa di dicembre, da cui è risultato che i salari orari medi – importante termometro del trend dell’inflazione – sono balzati a dicembre, su base annua, del 4,7%, al record degli ultimi decenni e oltre il +4,2% stimato dal consensus. Su base mensile la crescita è stata pari a +0,6%, oltre il +0,4% atteso.
Kairos, Video Duetto: “Inflazione e volatilità: le sfide del 2022”
Di inflazione e volatilità hanno parlato Pio Benetti, Head of Discretionary Mandates, e Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity di Kairos, che hanno offerto intanto un’analisi sui mercati finanziari di questi primi giorni dell’anno, nel Video Duetto “Inflazione e volatilità: le sfide del 2022”:
“Il 2022 – hanno fatto notare Benetti e Trabattoni – si apre in continuità con l’anno appena concluso, con l’inflazione che domina la scena e che provoca movimenti violenti e rotazioni settoriali. Certamente avremo un mercato più liquido di quanto non sia stato nelle sedute passate e dovremo quindi imparare a convivere con una narrazione derivante dai movimenti legati ai flussi. Sarà quindi importante sopportare la volatilità e leggere i movimenti sottostanti nella maniera più adeguata, cercando di cogliere le opportunità che si possono sfruttare con un processo di investimento disciplinato”.
Così Pio Benetti:
“Per i mercati finanziari il mese di gennaio 2021 era stato considerato il tredicesimo mese dell’anno precedente. Gennaio 2022 ripropone un po’ lo stesso tema: si ripresenta il tiro alla fune fra banche centrali, mercati e commentatori con riferimento all’inflazione. L’inflazione sale per molti motivi che conosciamo e non è necessariamente detto che sia la politica monetaria oggi lo strumento più efficace per contrastarla. In questo senso, il dibattito è molto profondo, molto aperto e si scarica poi sui mercati con movimenti che sono anche piuttosto violenti sotto la superficie degli indici, guardando l’andamento dei settori. La sicura conferma è una risalita dei tassi di interesse che pure rimangono ancora parecchio negativi in termini reali e questo ha chiaramente tutta una serie di conseguenze per gli asset rischiosi”.
“Certamente – spiega Benetti – entriamo un po’ più nel vivo in questi giorni, avremo un mercato sicuramente più liquido di quanto non sia stato nelle sedute passate. Ed è altrettanto vero che dobbiamo imparare a convivere sempre di più con questa meccanica spesso sconcertante degli investimenti fra indicizzazione e strumenti che lavorano per basket. Quindi la narrazione di quello che succede sul mercato in realtà spesso segue dei movimenti che di fatto sono essenzialmente legati ai flussi. E proprio sui flussi vale la pena ricordare che l’anno passato è stato un anno record per i flussi sul mercato azionario e non può che essere così, considerato che purtroppo ancora non c’è un’alternativa vera ed efficace in termini di investimento soprattutto quando cerchiamo di proteggere dall’inflazione. In questo senso stiamo posizionando i nostri portafogli quindi con una duration molto molto bassa e un’esposizione azionaria consistente cercando di andare a cogliere i temi vincenti tempo per tempo”.
Dal canto suo Massimo Trabattoni si è così espresso:
“È stato un inizio d’anno che rappresenta un un po’ il seguito dei temi principali che abbiamo affrontato l’anno precedente. Questo inizio d’anno è all’insegna di un mercato privo di volumi e con una dispersione infrasettoriale altissima. Ci sono dei movimenti che ci hanno preso un po’ in contropiede, molti ragionati, o poco ragionati diciamo, più da manuale del giovane gestore – se i tassi salgono vendi un certo settore e comprane un altro – quando poi invece bisogna andare a vedere le reali motivazioni che stanno dietro il rialzo dei tassi, con cui comunque dovremo convivere tutto l’anno”.
“Lo spike inflattivo – ha continuato Trabattoni – è un altro fattore che ci accompagnerà, ma non è detto che ci siano settori perdenti e settori sempre vincenti. La tecnologia è stata tutta penalizzata, ma ci possono essere delle situazioni dove magari il pricing power che è l’elemento fondamentale dove bisogna tener conto quando si va verso l’inflazione, cioè l’inflazione è negativa in generale per i mercati, ma per le aziende che conservano pricing power può anche avere degli aspetti positivi. Tutte queste considerazioni secondo me arriveranno nelle prossime settimane. Oggi il mercato ha solamente fatto il primo assessment. Noi gestiamo in fondi in continuità. Chiaramente poi le performance si guardano sempre 1.1-31.12. I nostri fondi sono flessibili e quindi noi cerchiamo di sfruttare questo approccio di flessibilità, ma è chiaro che il portafoglio che hai al 31.12 non è che lo cambi completamente dal 1° di gennaio. Quello che si è visto sulla parte Italia è sostanzialmente un indice che, per la parte large cap è stato sicuramente tra i migliori del mondo, ancora in questi primi giorni dell’anno, mentre la parte che l’anno scorso è stata vincente cioè le mid cap, lo Star, questi indici di aziende medio piccole che sono realmente Made in Italy, hanno dei segni negativi importanti”.
“Ora, i nostri portafogli – ha continuato Trabattoni – hanno un pochino sofferto magari della presenza di parecchia Italia ‘reale’ quindi di questa seconda parte di mid cap che è la forza dell’economia italiana, però noi siamo convinti che la selezione che abbiamo effettuato e che stiamo continuando a effettuare ci premierà già nelle prossime settimane. A livello di coperture le teniamo molto elevate in termini di protezioni put che sono presenti su tutti i fondi perché chiaramente i mercati sono molto elevati e queste variabili che mettono un po’ di volatilità sono variabili che non possiamo sottovalutare. Stiamo per affrontare un anno particolarmente complicato e quindi bisognerà avere pazienza anche nel sopportare la volatilità e leggere nella maniera più opportuna i movimenti sottostanti cercando nei limiti del possibile di cogliere il beneficio di mercati che chiaramente non potranno continuare a salire per sempre, ma presentano comunque delle opportunità che si possono sfruttare con un processo d’investimento disciplinato come il nostro”.