Imprese: l’Italia è a un bivio, ecco i 5 punti fondamentali per rilanciare la crescita
L’Italia si trova davanti ad un bivio. Il primo cartello indica la strada delle riforme e della crescita in un contesto di stabilità dei conti pubblici; il secondo è una spirale verso un declino economico e sociale. Sono queste le parole usate da Ivan Malavasi nel presentare a Roma il “Progetto delle imprese per l’Italia”. Oltre alla presidente di Rete Imprese Italia, il documento è stato presentato da Giuseppe Mussari (Abi), Emma Marcegaglia (Confindustria), Luigi Marino (Alleanza Cooperative Italiane), Fabio Cerchiai (Ania). Per le imprese italiane il tempo è scaduto. “Da troppo tempo l’Italia non cresce, da troppo tempo le nostre imprese perdono competitività, da troppo tempo i giovani italiani vedono ridursi opportunità e speranze, da troppo tempo il 95% dei contribuenti dichiara redditi inferiori a 50 mila euro”, si legge nel documento. Adesso, quindi, sono necessarie scelte immediate e coraggiose, non più rinviabili vista la crisi che ha colpito i mercati azionari e il deprezzamento dei Buoni del Tesoro.
La ricetta delle imprese per rilanciare la crescita si fonda su cinque questioni prioritarie: riforma delle pensioni, riforma fiscale, cessioni del patrimonio pubblico, liberalizzazioni e infrastrutture.
Pensioni. Per riformare il sistema pensionistico, le imprese propongono di elevare a 65 anni dal 2012 l’età per il pensionamento di vecchiaia delle donne del settore privato; abolire l’attuale sistema delle pensioni di anzianità e, in ogni caso, non erogare la pensione prima dei 62 anni di età. Secondo i calcoli delle sigle imprenditoriali, queste proposte potrebbero determinare un risparmio iniziale complessivo di circa 2,9 miliardi di euro e di circa 18 miliardi nel 2019.
Riforma fiscale. E’ questo il punto più significativo del Manifesto per l’Italia. Tra i punti presentati spicca l’incremento degli importi forfetari attualmente previsti della deduzione per cuneo fiscale (minor gettito per l’erario di circa 1,8 miliardi di euro) e di rendere permanentemente deducibile il costo del lavoro dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato (minor gettito per l’erario di circa 140 milioni di euro). Le imprese chiedono inoltre di stimolare la produttività, la ricerca e l’innovazione. Per contrastare l’evasione la proposta è quella di fissare a 500 euro il limite per l’utilizzo del contante. Inoltre, secondo le imprese, è necessario introdurre l’obbligo per le persone fisiche di indicare il proprio “stato patrimoniale” nella dichiarazione annuale dei redditi; applicare un’imposta patrimoniale annuale, ad aliquote contenute e con le necessarie esenzioni, per dare concretezza all’obbligo dichiarativo e ottenere un gettito annuale stabile (si può stimare che la misura comporti un maggior gettito per l’erario di circa 6 miliardi l’anno).
Cessioni patrimonio pubblico. Su questo punto, le imprese propongono di cedere il patrimonio immobiliare di enti statali e locali; dismettere le partecipazioni societarie degli enti locali nei servizi pubblici locali; prevedere che gli enti locali possano utilizzare i proventi derivanti dalle dismissioni di immobili e partecipazioni al di fuori dei limiti del Patto di stabilità interno.
Liberalizzazioni. E’ un altro punto ricco di proposte che spaziano dal liberalizzare trasporti e servizi pubblici locali, le attività economiche, i servizi professionali attraverso il divieto della fissazione di tariffe. E poi assicurare regole omogenee per le attività di di impresa su tutto il territorio nazionale, completare le semplificazioni amministrative e normative, semplificare il dialogo tra imprese e PA, accelerare i tempi della giustizia civile.
Infrastrutture. Su questo punti, le categorie degli imprenditori propongono di incentivare il coinvolgimento della finanza privata attraverso lo sviluppo dei Project Bond e l’attivazione di un più efficace sistema di garanzie (pubbliche e private); di concentrare le risorse sulle grandi priorità infrastrutturali, d’interesse europeo e nazionale, e su pacchetti di piccole opere, riprogrammando le risorse disponibili, in particolare quelle nel Mezzogiorno finanziate da Fondi strutturali e FAS. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, secondo le imprese è necessario prorogare l’attuale livello di incentivazione fiscale strutturalmente fino al 2020.