Notizie Notizie Mondo Ilo, occupazione: in Europa possibili 2,1 milioni di posti di lavoro in più con il piano Juncker

Ilo, occupazione: in Europa possibili 2,1 milioni di posti di lavoro in più con il piano Juncker

28 Gennaio 2015 14:46
 
Oltre due milioni di nuovi posti di lavoro in più potrebbero essere creati nell’Unione europea entro la metà del 2018. A dirlo è l’International Labour Organization in un report dal titolo “Una strategia di investimento orientata all’occupazione per l’Europa“. Lo studio parte dal piano triennale proposto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che prevede investimenti, pubblici e privati, per 315 miliardi di euro e “il cui funzionamento dipenderà da come il piano stesso sarà disegnato”.
 
In particolare è importante che il piano includa una porzione significativa di investimenti privati e affronti i grandi squilibri che, sul fronte occupazionale, esistono nell’Unione. In caso contrario “non ci sarà alcun cambiamento nelle prospettive del lavoro in Europa”. 
La situazione di partenza descritta dal report non è incoraggiante. In media il tasso di disoccupazione è del 10% nel Vecchio continente, quasi tre punti percentuali al di sopra della media precedente l’inizio della crisi. Inoltre almeno la metà di questi disoccupati è senza lavoro da oltre un anno. All’interno del 10% indicato dall’Ilo ci sono estremi opposti. È il Sud Europa a essere messo peggio, con i costi economici e sociali che ne conseguono. “Chi rimane senza lavoro per un lungo periodo di tempo si scoraggia e abbandona il mercato del lavoro”. In tal modo si perdono ulteriori capacità e rientrare, nel momento in cui l’occupazione riparte, è molto più difficile. “Un tema di particolare rilevanza per i giovani”. 
In questa situazione, secondo l’Ilo bisogna assolutamente evitare gli errori compiuti nel recente passato. “Per esempio, tra il 2007 e il 2013, i paesi ad alto tasso di disoccupazione hanno beneficiato di meno di un terzo dei fondi messi a disposizione della Banca europea degli investimenti. In queste nazioni un afflusso di risorse incoraggerebbe una riallocazione verso attività strategiche e ad elevato impatto, distogliendole dai settori con un basso valore aggiunto”.