Il “pessimismo cosmico” degli investitori, per BofA mai così negativi in 30 anni

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Pericolo nuovi forti scossoni sul mercato americano c’è. Il sentiment resta, infatti, pessimo, ma sul fronte degli investimenti non tutti sono passati ancora dalle parole ai fatti facendo presagire che i ribassi veri devono ancora arrivare. Questo, in estrema sintesi, il messaggio che arriva dalla Fund Manager Survey mensile di Bank of America condotta dal 4 al 10 aprile e a cui hanno partecipato 164 persone con 386 miliardi di dollari di asset in gestione.
Quindi poco dopo gli annunci del “Liberation day” del 2 di aprile, quiando Donald Trump ha ufficializzato le “nuove trariffe” globali.
Il sentiment negativo
Secondo la ricerca della banca d’affari Usa, la propensione degli investitori riguardo alle prospettive economiche è la più negativa degli ultimi trent’anni, ma il pessimismo dei gestori dei fondi non si è ancora riflesso pienamente nella loro allocazione delle risorse, il che potrebbe significare che sono in arrivo maggiori perdite per le azioni statunitensi. I gestori di fondi sono estremamente pessimisti, con l’82% degli intervistati nel sondaggio mensile di BofA che prevede un indebolimento dell’economia globale. Il 42% si attende invece una recessione. Il 57% un’accelerazione dell’inflazione. Il 28% un calo dei profitti e il 61% un calo del dollaro. “Il sentiment degli investitori (una media di cash in portafoglio, allocazione all’azionario e attese sulla crescita), è crollato ai minimi dal 2023 ed è il quinto livello più basso di sempre dopo bolla tech, grande crisi finanziaria, fine 2018 e invasione dell’Ucraina. E il cash nei portafogli ha fatto il balzo più forte in 2 mesi dal Covid”, spiega in una analisi in cui cita il sondaggio di BoFa Giuseppe Sersale del Team Anthilia.
Azionario nella bufera
Un quadro a tinte nere alla luce del quale un numero record di intervistati intende ridurre l’esposizione al mercato azionario statunitense. I gestori di fondi sono “ribassisti sul macroeconomico, ma non così tanto sul mercato”, hanno scritto gli strateghi guidati da Michael Hartnett. La “paura del picco” ha quindi senso perché non si riflette ancora nelle allocazioni di liquidità, che attualmente si attestano al 4,8% del patrimonio, ma che dovrebbero salire al 6%. L’elevata incertezza sulla politica commerciale statunitense e l’impennata della volatilità sui mercati finanziari hanno destabilizzato gli investitori azionari. Gli intervistati hanno un sottopeso netto del 36% sulle azioni statunitensi ad aprile, in calo rispetto al sovrappeso del 17% di febbraio, la flessione più significativa mai registrata in due mesi. L’S&P 500 è rimbalzato dai minimi di questo mese, ma il calo dell’8,1% da inizio anno è inferiore a quello dei benchmark europei e cinesi.
La way-out
Gli strategist di BofA prevedono che i minimi di aprile si manterranno nel breve termine e hanno avvertito che “un forte rialzo richiede un forte allentamento dei dazi, significativi tagli dei tassi da parte della Fed e/o la resilienza dei dati economici”.
L’impressione è che l’unico modo di evitare una recessione “sia un rapido calo dei dazi su livelli sopportabili, e una robusta de-escalation della trade war USA-Cina”, spiega ancora Sersale. “Uno scenario possibile, ma non così probabile, in primis perchè nessuno ha un idea precisa di quale livello di dazi sia sopportabile. In secondo luogo Trump sembra ideologicamente convinto della necessità di applicare i dazi e desidera un gettito dagli stessi per finanziare tagli alle tasse. Per dissuaderlo da questo proposito – sempre che sia possibile – servirà che gli effetti inizino a filtrare nei dati, il che vuol dire che deve passare ancora del tempo con conseguente maggior sofferenza sui mercati”. “Quindi abbiamo una situazione tecnica supportiva nel breve, che, in assenza di sviluppi negativi, può portare a ulteriori rapidi progressi grazie a frenetiche ricoperture. “A fronte di un quadro macro estremamente pericolante ed incerto, con chiari segnali che l’attività di investimento sta andando in stallo, e che sta arrivando un uragano sulle catene di distribuzione. E il bello è che eventuali rimbalzi, favoriti da calo della volatilità e conseguenti ricoperture non faranno che rafforzare la determinazione di Trump, per cui uno non sa bene cosa augurarsi”, conclude Sersale.