Green bond verso lo sboom? Ultime emissioni a premio non giustificano i rischi. Il caso del bond Tier2 2030 emesso da Generali
L’appeal per i green bond potrebbe esaurirsi presto. Negli ultimi cinque anni, il mercato delle obbligazioni verdi è letteralmente esploso facendo registrare una crescita del 300% e toccando il record storico dei 162 miliardi di dollari raccolti quest’anno.
Un fenomeno, quello della green economy, che è stato accompagnato dalla maggiore sensibilizzazione degli investitori verso le politiche ambientali e per finanziamenti sostenibili dopo l’allarme lanciato da Greta Thumberg sul peggioramento delle condizioni climatiche del pianeta. Buoni propositi che hanno fatto il gioco delle parti: da un lato, gli investitori maggiormente predisposti a prestare denaro a società con lo scopo dichiarato di investirlo in energie rinnovabili o in progetti a basso impatto ambientale, dall’altro gli emittenti che hanno approfittato del momento per raccogliere nuovi fondi a basso costo.
Sui green bond è intervento anche il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann: “Una politica monetaria che si impegni su obiettivi ambientali rischia di essere oberata – ha detto, nel corso di una conferenza – E, nel lungo periodo, la sua indipendenza potrebbe essere messa in discussione”. Acquistare un numero sproporzionato di green bond così come suggerito da alcuni esponenti della Bce, insomma, violerebbe a suo avviso il principio della neutralità del mercato. Nessuna preferenza, dunque, tanto meno con lo strumento del QE verso cui il banchiere tedesco già non nutre particolari simpatie, dovrebbe essere accordata ai green bond. “Degli incentivi per la protezione dell’ambiente – ha sottolineato Jens Weidmann – se ne deve occupare la politica”.
Green bond non più a sconto
Così la forte pressione della domanda di nuovi strumenti finanziari “green” – fa notare Mark Gilbert, opinionista di Bloomberg – ha consentito agli emittenti di spuntare rendimenti che oggi non sono più convenienti. Per dirla in gergo, non sono più a sconto rispetto alle obbligazioni tradizionali, anzi sono addirittura a premio. Cosa vuol dire questo? Significa che il rendimento offerto dalle ultime emissioni di “green bond” non giustifica il rischio. O meglio, la teorica per la quale gli investitori sarebbero disposti a sacrificare parte dei loro guadagni in cambio della promessa che i soldi prestati saranno destinati all’economia sostenibile, sta cominciando a vacillare.
Il green bond Generali 2030
Un esempio è dato dalla recente emissione di Assicurazioni Generali che a inizio mese ha completato con successo il collocamento della sua prima obbligazione green di tipo Tier 2 da 750 milioni di euro con cedola 2,124% e scadenza ottobre 2030. L’emissione alla pari, riservata a investitori istituzionali e fondi d’investimento (taglio minimo negoziabile da 100.000 euro), è stata accolta dal mercato con richieste da tutto il mondo per 2,7 miliardi di euro pari a 3,6 volte l’offerta a testimonianza dell’elevata richiesta per questo tipo di investimenti, anche in considerazione della solidità e dalla notorietà dell’emittente italiano (rating Baa3 per Moody’s e BBB per Fitch). Il green bond Generali, però, ha durata 11 anni, è di tipo subordinato e offre un rendimento basso rispetto ai rischi connessi a questo tipo di obbligazioni non garantite.
I rischi non sono compensati dai rendimenti
Che il rischio sui green bond sia andato assottigliandosi nel tempo è visibile anche dall’andamento del Bloomberg Barclays Euro Green Bond Index che mostra un ritorno del 18% fino al 2014 per poi abbassarsi di anno in anno fino al 9% di oggi. Ritorni che scendono ancor di più se si vanno a considerare le emissioni di obbligazioni verdi in euro. Il che lo si vede in particolare sul green bond europeo per eccellenza, quello emesso dal governo francese nel gennaio 2017 e incrementato a tranches successivamente per arrivare a 21 miliardi di euro di size sul mercato. Al momento del lancio fu prezzato con un rendimento di 13 bps sopra gli Oat francesi di eguale scadenza per arrivare oggi a offrire uno yield uguale agli stessi titoli di stato. E così in Germania e Olanda.
Anche negli Stati Uniti il trend non è diverso e ci si domanda fino a che punto i green bond possono mostrare ancora attrazione per gli investitori. David Larcker e Edward Watts della Stanford University hanno dimostrato che l’85% dei bond verdi emessi dalle municipalità americane offrono oggi rendimenti identici alle obbligazioni tradizionali il che porta a concludere che per gli investitori l’interesse per l’economia sostenibile sta scemando. Perseguire interessi legati a progetti ambientali non ha più l’appeal iniziale e quindi l’impulso a vendere green bond dato dalla sensibilizzazione alla crisi del pianeta sembra ormai destinato ad esaurirsi.