Notizie Notizie Mondo Grecia: il rating diventa il peggiore al mondo per S&P’s, il default sarà solo ritardato

Grecia: il rating diventa il peggiore al mondo per S&P’s, il default sarà solo ritardato

14 Giugno 2011 08:38

Bocciatura per la Grecia da parte di Standard & Poor’s, che vede l’ipotesi di un default sempre più reale. Ieri sera l’agenzia di rating ha abbassato il giudizio sul Paese ellenico di tre gradini in un colpo solo, a CCC dal precedente B. Si tratta del peggiore rating al mondo nella scala di S&P’s. L’outlook è rimasto negativo, segno che si potrà assistere a un ulteriore downgrade nei prossimi 12-18 mesi. Molto dipenderà dalla soluzione finale che verrà presa a fine giugno dall’Eurogruppo e dall’Ecofin. Intanto oggi si svolgerà la riunione straordinaria dell’Eurogruppo, che servirà per allentare il braccio di ferro tra Germania e Banca centrale europea sulla questione della ristrutturazione del debito greco.


Il declassamento della Grecia al gradino CCC è un’altra tegola sulla testa per Atene, che ha visto il suo giudizio sul credito ridotto al livello CC1 da Moody’s solo qualche settimana fa. Ora il Paese ellenico “vanta” il peggiore rating nella scala di S&P’s e il secondo peggiore in quella di Moody’s (solo l’Ecuador sta messo peggio). Secondo S&P’s la probabilità di un default mascherato da ristrutturazione del debito è sempre più probabile: la Grecia affronterà una ristrutturazione del debito, ma il fallimento non sarà evitato ma solo ritardato al 2013. E così l’ipotesi di default di uno Stato, il primo nella storia dell’euro, appare sempre più probabile.


E proprio questo timore ha pesato ieri sulla valuta unica, che si è indebolita nei confronti del dollaro Usa subito dopo la mossa di S&P’s e ha toccato un minimo storico contro il franco svizzero a 1,20043. “Nessuna conseguenza di rilievo sull’euro dal downgrading di Standard & Poor’s sul debito greco”, ha  assicurato Michael Hewson, analista di CMC Markets, nel suo Forex Morning Comment. Secondo l’analista il movimento ribassista è stato causato soprattutto delle divisioni all’interno dei policymakers europei sulla soluzione da trovare per il rebus greco. Secondo Hewson l’aver mantenuto quota 1,4320 dollari potrebbe aumentare le possibilità di rimbalzo verso 1,4520 e 1,4660.


Ma il movimento della valuta europea non è stato l’unico effetto immediato derivante dalla bocciatura. Il costo del credit default swap della Grecia ha toccato il massimo storico, salendo di 47 punti base e superando quota 1.600. Mentre lo spead tra il bund decennale tedesco e il titolo di stato della Grecia della stessa durata si è allargato a 1.402 punti base, sfiorando un nuovo record. Ma la reazione è arrivata anche da Atene, dove il ministro delle finanze, George Papaconstantinou, ha commentato come la decisione di S&P’s trascuri gli sforzi del governo per rispettare gli impegni presi e ignori le consultazioni intense di queste ultime settimane tra Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale tese a evitare il default.


In questo contesto, si svolgerà oggi l’asta di T-bill greci a 26 settimane per 1,25 miliardi di euro. E sempre oggi si terrà la riunione straordinaria dell’Eurogruppo. Nessuna conferenza stampa è prevista a fine giornata, anche perchè l’incontro è solo preparatorio alle riunioni più formali dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, previste a fine giugno. Tuttavia potrebbe emergere qualche novità sull’acceso dibattito tra Germania e Banca centrale europea sulla possibilità di una ristrutturazione del debito ellenico. Secondo le ultime indiscrezioni, i colloqui per un secondo pacchetto di aiuti alla Grecia sono vicini alla conclusione, con la possibilità di swap di titoli di stato su base volontaria. Parola di Olli Rehn, il commissario europeo agli Affari economici e monetari, che in un’intervista rilasciata al Sueddeutsche Zeitung, ha fatto sapere che una soluzione per la crisi debitoria greca è in dirittura d’arrivo. Oltre a un ulteriore sostegno finanziario, sarebbe previsto l’adozione su base volontaria dell’Iniziativa di Vienna, in cui le banche mantengono in portafoglio i loro bond per un tempo più lungo.