Gran Bretagna rischia carenze alimentari in caso di Brexit senza accordo. Quali scenari?
Una Brexit senza accordo potrebbe causare scarsità nelle scorte alimentari in Gran Bretagna. L’allarme è stato lanciato dalla Food and Drink Federation, che rappresenta circa 7.000 imprese inglesi del settore. “Non diciamo che il paese morirà di fame, non è così, ma ci saranno carenze”, ha detto alla BBC Tim Rycroft, un funzionario della Food and Drink Federation. “Riteniamo – ha spiegato – che ci saranno gravi interruzioni che continueranno per settimane o mesi dopo la nostra uscita (dalla Ue)”.
Il rischio riguarderebbe soprattutto i cibi freschi che non potranno essere più di tanto conservati e quindi accumulati come scorte. Non solo. Il 31 ottobre, il giorno scelto per la Brexit, potrebbe essere più complicato aumentare ulteriormente le riserve, visto che i magazzini saranno già pieni in vista del Natale.
Quali scenari?
L’incertezza sulla Brexit continua a persistere in Gran Bretagna a oltre tre anni dal referendum. Nel caso di un accordo con Bruxelles sulle modalità di divorzio, Londra avrebbe a disposizione un periodo di transizione fino alla fine del 2020 per definire le relazioni con l’Ue in svariati ambiti (commercio, sicurezza, trasporto aereo, ecc.). In caso di no deal, le disposizioni vigenti sarebbero bruscamente soppresse. L’uscita del paese dal blocco europeo senza un accordo è una reale possibilità, ma anche quello di elezioni generali anticipate sembra uno scenario realistico, da aggiungere all’eventualità di un referendum nel 2020. “A nostro avviso, le probabilità di un no deal entro il 31 ottobre sono del 45%, per quanto riguarda un ritorno alle urne sono comprese tra 50-55%, mentre stimiamo l’uscita con un accordo appena allo 0-5%”, afferma Steven Bell, chief economist di BMO Global Asset Management. Scaduto il termine, l’orizzonte si fa ancora più fumoso per il Regno Unito.
Gli effetti sui mercati
Secondo l’esperto, gli eventi peseranno sulla sterlina e sull’azionario britannico, a eccezione dei titoli di Stato britannici, sostenuti dall’aspettativa di un possibile taglio dei tassi di interesse da parte della Bank of England. In particolare, “la sterlina ha già prezzato un possibile no deal, ma ci sarebbe comunque spazio per un ulteriore ribasso valutario del 10-15%”, sostiene. L’uscita con un accordo, anche se improbabile, sarebbe lo scenario più positivo per la valuta britannica.
Per quanto riguarda il mercato azionario locale, dal momento che gran parte degli utili provengono dall’estero una sterlina debole andrebbe a sostegno del prezzo per la maggior parte delle società nel Ftse 100. Sarebbero le imprese orientate al mercato interno a risentirne.
Infine, sul fronte obbligazionario, la BoE andrebbe ad allentare la politica monetaria in caso di no deal, il che porterebbe a un rally delle obbligazioni denominate in valuta britannica. Il rating del credito sovrano potrebbe essere tagliato da AA a AA- ma le conseguenti implicazioni di mercato sarebbero probabilmente modeste.