Notizie Notizie Italia Governo punta a taglio deficit a 2,2%. Reddito di cittadinanza: 780 euro sempre più un miraggio

Governo punta a taglio deficit a 2,2%. Reddito di cittadinanza: 780 euro sempre più un miraggio

27 Novembre 2018 08:48

Altro che reddito di cittadinanza a partire da aprile (che già avrà fatto storcere il naso non a pochi, visto che si parlava della sua introduzione all’inizio dell’anno). La misura cavallo di battaglia alle elezioni politiche del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio potrebbe slittare ulteriormente, diventando operativa a giugno. Nelle trattative in corso nel governo per evitare la procedura di infrazione Ue e l’arrivo di sanzioni a causa di una legge di bilancio che non è piaciuta a Bruxelles fin dall’inizio, si valuta anche l’ipotesi di restringere la platea dei probabili beneficiari di quota 100, stando alle indiscrezioni riportate dal Messaggero.

L’obiettivo è quello di dirottare risorse, per circa 0,2% del Pil, dalle spese necessarie per finanziare il reddito di cittadinanza e le misure di intervento sulle pensioni, agli investimenti, nella speranza che l’Ue si accontenti di un target sul deficit-Pil in discesa dal 2,4% al 2,2%.

Certo, la soglia rimarrebbe sempre al di sopra del 2%, e La Stampa sottolinea come un deficit-Pil anche al 2,2% non piacerebbe affatto all’Unione europea.  Un valore sopra al 2%, scrive La Stampa, sarebbe “inaccettabile”.

“Non è questione di decimali ma di rilanciare la crescita”, hanno scritto intanto Di Maio, Salvini e Conte dopo il vertice di Palazzo Chigi sulla manovra, che si è svolto ieri sera – Confermati gli obiettivi fissati su pensioni, reddito e tutela del risparmio“.

Ci sarebbe però una novità, riportata da La Stampa. Il reddito arriverebbe però solo a metà 2019. E l’ipotesi viene rilanciata ovunque.

Così il Messaggero:

Il premier Giuseppe Conte “tiene sul tavolo, in alternativa alla riallocazione delle risorse, l’ipotesi di ridurre il deficit dal 2,4% al 2,2%, con un taglio delle misure in manovra ‘da 3,6 miliardi’. In serata -prosegue il Messaggero – fonti M5s spiegano che la platea di quota 100 si ridurrà molto probabilmente per effetto delle penalizzazioni. Mentre per il reddito di cittadinanza l’idea è far partire la misura, causa anche tempi tecnici di riforma dei centri dell’impiego, non più ad aprile ma «con qualche settimana di ritardo», magari a giugno. Il reddito di cittadinanza «non cambia pelle» e un decreto arriverà entro Natale, assicura il leader M5s. Ma nella Lega c’è ancora chi spinge perché la misura cambi. La proposta più «estrema» prevede la trasformazione del reddito in un taglio del cuneo fiscale: non darlo, cioè, ai singoli ma direttamente alle aziende che li assumono”.

In tutte queste trattative, il Corriere della Sera fa notare come si metta in evidenza soprattutto la stella sempre più cadente del reddito di cittadinanza, quella misura “«fiamma della dignità», come la definì Beppe Grillo, che con Gianroberto Casaleggio dedicò ad essa la marcia Perugia-Assisi del 2015”, che “si è via via depontenziata, ancor prima di prendere la forma di una proposta di legge, che il governo Conte, non a caso, non ha ancora presentato e che, ora, rischia di subire altri ridimensionamenti sull’altare della trattativa con Bruxelles.

Dai 17 miliardi che avrebbero dovuto essere utilizzati per finanziare il cavallo di battaglia di Di Maio, si è arrivati intanto a uno stanziamento di soli “9 miliardi l’anno dal 2019 per il reddito e la pensione di cittadinanza, rinviando a specifici provvedimenti, che il governo appunto ancora non ha preso, l’attuazione della misura”.

E di questi 9 miliardi, “7,1 dovrebbero servire al vero e proprio «reddito di cittadinanza», 900 milioni alla «pensione di cittadinanza» e un miliardo ai centri per l’impiego – scrive ancora il Corriere, indicando come quei 780 euro al mese promessi agli italiani sarebbero praticamente sempre più un miraggio, visto che i conti non tornano.

Così il quotidiano:

“Se prendiamo gli 8 miliardi destinati complessivamente a reddito e pensioni di cittadinanza e li dividiamo per i 5 milioni di persone in condizioni di «povertà assoluta» secondo l’Istat, otteniamo una media di 1.600 euro all’anno, cioè 133 euro al mese per 12 mesi. Anche riducendo l’erogazione a 9 mesi, perché ora si ipotizza che i primi assegni verranno pagati ad aprile, si sale solo a 177 euro al mese. Prendendo più correttamente a riferimento le famiglie in povertà assoluta (1,8 milioni) perché il requisito per ottenere il sussidio sarà l’Isee, cioè l’indicatore della ricchezza familiare, si ottiene che ad ogni famiglia dovrebbero andare in media 4.444 euro all’anno, cioè 370 euro al mese su 12 mesi o 493 euro su 9 mesi”.

Sembrano praticamente sempre più confermate quelle indiscrezioni secondo cui, per placare l’ira di Bruxelles, alla fine il governo M5S-Lega sarebbe orientato a sacrificare proprio due delle misure chiave del famoso contratto di governo M5S-Lega: reddito di cittadinanza e quota 100. Ed è difficile che gli italiani reagiranno bene, soprattutto quegli elettori, concentrati soprattutto al Sud che, votando Di Maio, hanno sperato di risolvere in parte i loro problemi economici con il reddito di cittadinanza.