Generali: sarà Galateri il nuovo presidente. Impatti del post Geronzi su Mediobanca&Co.

Sarà Gabriele Galateri il nuovo presidente di Generali. La truppa di soci di Piazzetta Cuccia ha raggiunto un consenso unanime sul nome dell’ex presidente di Telecom e Mediobanca. Si gioca così sul velluto il Consiglio, previsto questa sera alle 18 a Roma, chiamato a nominare il diciottesimo presidente, dopo la presidenza lampo di Cesare Geronzi, la più breve di cui ci sia traccia nei 180 anni di storia del gruppo triestino. Si arriva con un solo nome, non con una rosa di candidati. Che il futuro numero uno di Generali potesse essere Galateri, presidente Telecom uscente e figura ben conosciuta ai vertici di Piazzetta Cuccia, dove è stato al vertice tra il 2003 e il 2007 mentre erano direttori generali l’attuale A.d Alberto Nagel e presidente Renato Pagliaro, era parso molto probabile. Su Galateri, a lungo un uomo degli Agnelli, per anni manager Fiat, e più a lungo A.d Ifi e Ifil, si erano, infatti, raccolti fin da subito i maggiori consensi.
La scelta è ricaduta sull’attuale presidente Telecom, hanno spiegato alcune fonti, perché sembra avere il giusto profilo: ha l’età giusta, la levatura internazionale e conosce bene la compagnia, dato che ha trascorso cinque anni alla vice presidenza. Sono questi i ragionamenti che sono stati fatti tra i consiglieri che hanno trovato un consenso sul nome del manager piemontese. Galateri, ritenuto una figura ottima per i rapporti con le istituzioni, è stato giudicato in grado di rappresentare la compagnia ai massimi livelli. L’attuale numero uno di Telecom è stato anche presidente di Mediobanca dal 2003 al 2007 e, in quanto tale, vice presidente di Generali, incarico che ha mantenuto anche l’anno successivo.
La sua nomina avverrà tra poche ore all’interno del consiglio di amministrazione convocato d’urgenza a Roma, ma dovrà essere poi ratificata dall’assemblea degli azionisti il prossimo 30 aprile a Trieste. Questo appuntamento sarà preceduto da un comitato nomine di Mediobanca. Galateri sarà nominato consigliere dunque dall’assemblea, e poi sarà nuovamente il Cda a conferirgli l’incarico di presidente. Galateri ha bruciato così la candidutura dell’ex ministro e presidente Assogestioni Domenico Siniscalco, dell’economista Mario Monti e dell’imprenditore della consulenza aziendale Roland Berger già nei Cda di Fiat, Rcs e Telecom. I contatti tra i soci del Leone sono proseguiti fitti fino all’ultimo. La liturgia in Generali prevede da almeno una cinquantina d’anni che il nome del presidente venga da Mediobanca. Alla nomina di Geronzi, il consenso sul suo passaggio a Trieste venne del resto raccolto soprattutto all’interno della variegata compagine azionaria di Piazzetta Cuccia. La dovuta sensibilità, però, di trovare un’ampia condivisione anche nel consiglio e tra gli altri azionisti si è fatta sentire questa volta forse un pò più del solito.
Per gli analisti la nuova stagione di Trieste è ben vista. Deutsche Bank segnala che si metterà fine ai problemi di corporate governance, che sono stati una distrazione dal business. Mentre gli esperti di Banca Leonardo salutano soprattutto la conferma dell’attutale management, sottolineando l’auspicio di una maggior indipendenza da Mediobanca. Eppure il caso Generali, con lo scontro in atto nel salotto buono del capitalismo italiano, con il passare delle ore assume sempre di più i connotati di essere vero e proprio caso politico. Uno scontro, anche di Palazzo, che potrebbe essere ancora solo al primo round. Il gioco vero resterebbe quello in Mediobanca. E questo sarebbe anche il messaggio che il premier, Silvio Berlusconi, avrebbe fatto recapitare ancora ieri al banchiere romano dimissionario. Per questo la prudenza dovrebbe avere la meglio.
Eppure la Borsa vuole credere al vento di novità che spira forte a Trieste. Generali sale in Borsa dell’1,68% a 16,33 euro, in attesa del consiglio di amministrazione urgente che questo pomeriggio alle 18 si riunirà per ufficializzare quel che si sa già. Corre anche con più decisione l’azionista di riferimento della compagnia triestina, Mediobanca, in rialzo del 3,31% a 7,96 euro. Sarà proprio a Piazzetta Cuccia, che si giocherà il prossimo match. “Il riassetto in corso nella governance di Generali ha avuto immediate ricadute positive per Mediobanca, che ne è maggiore azionista con una quota del 13,2%”, osserva Marco Sallustio di Centrosim nel report uscito questa mattina. “Resta da vedere se ci saranno conseguenze sul patto di sindacato della stessa Mediobanca, in cui figurano azionisti francesi considerati vicini a Geronzi: la Fin. Perguet del finanziere bretone Vincent Bollorè con il 5%, Groupama con il 3,1% e il Santander con l’1,8%”, segnala l’esperto della sim milanese.
“Non è da escludere l’ipotesi di un rinnovo del patto che ridimensioni significativamente i soci francesi, anche in considerazione delle recenti tensioni su altri fronti aperti come Parmalat e Fondiaria Sai”. In realtà su Mediobanca, principale azionista di Generali col 13,4%, i giochi entreranno del vivo solo a partire da settembre col termine per le disdette dell’accordo parasociale in scadenza il 31 dicembre. L’assemblea di ottobre dovrà rinnovare il Cda. Cosa faranno i soci esteri guidati da Vincent Bollorè oggi è difficile dirlo. La permanenza del finanziere come vicepresidente del Leone, dopo il passo indietro di Geronzi, suggerische che che potrebbero anche non esserci grandi cambiamenti. Ma i manager e alcuni degli azionisti della banca vedrebbero di buon occhio un patto più leggero di quello odierno, che vincola il 44,3% del capitale.
Il terremoto al vertice del Leone rischia di avere un impatto sugli equilibri nella casa editrice del Corriere della Sera e di Pirelli. L’ad di Generali Giovanni Perissinotto dovrebbe andare a sedersi nel patto della Bicocca, il direttore finanziario Raffaele Agrusti in quello di Rcs e il nuovo presidente della compagnia nell’accordo parasociale di Mediobanca. È questa la ripartizione che si profilerebbe per i posti lasciati liberi da Cesare Geronzi sulla base dell’idea, condivisa a Trieste, che i manager che siedono nei Cda delle partecipate dovrebbero rappresentare il Leone anche negli accordi parasociali. Nessun segnale sul Cda della Rcs Quotidiani, dove il banchiere romano sedeva per conto di Piazzetta Cuccia: si tratta di una sorta di mini-patto in cui figurano nomi del calibro di Giovani Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, del patron della Tod’s Diego Della Valle, del presidente di Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, del numero uno del gruppo Italmobiliare Giampiero Pesenti e del presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera, oltre ai vertici della società. In gioco non ci sono solo poltrone, ma si sta riscrivendo la geografia del salotto buono della finanza.