Fuga dai bond Usa peggiore dal 1974. Il dado Fed è tratto. Ed è ansia per tetto debito
Basta dare un’occhiata ai grafici per capire quello che sta accadendo sui mercati americani in queste ultime ore. In attesa del report occupazionale di febbraio, che sarà reso noto oggi alle 14.30 ora italiana, ma soprattutto in attesa di quell’ennesimo rialzo dei tassi da parte della Fed che i futures sui fed funds danno ormai quasi per certo nella riunione della prossima settimana, i tassi sui Treasuries Usa sono saliti per la nona sessione consecutiva, a fronte del bagno di sangue che si è abbattuto sui bond. La fase di sell off che sta stracciando i prezzi dei Treasuries a 10 anni è la più duratura in 43 anni, ovvero dall’aprile del 1974.
Ma non sono solo le aspettative sulle novità che interesseranno i mercati nelle prossime ore ad aver affossato i titoli di stato Usa.
Intanto, il trend del rialzo dei tassi era stato inaugurato già con la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane dello scorso 8 novembre. Tuttora, sebbene con una maggiore incertezza, il fattore che spinge Wall Street a nuovi record, e che avalla eventuali manovre restrittive da parte della Fed scatenando i ribassisti sui Treasuries è la scommessa sull’arrivo di un bazooka fiscale firmato Trump che, attraverso un poderoso taglio alle tasse ad aziende e famiglie e con un aumento delle spese per la costruzione di infrastrutture, spronerà sia la crescita che l’inflazione degli Stati Uniti.
C’è poi un altro elemento che sta condizionando il trend dei Treasuries: è l’ansia per il tetto sul debito Usa. Questa settimana, con una lettera al Congresso, è stato lo stesso segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin a lanciare un allarme, ricordando che gli Stati Uniti stanno per raggiungere la soglia legale massima. La sospensione del tetto sul debito in vigore scade infatti il prossimo 15 marzo, in concomitanza tra l’altro con l’annuncio di Janet Yellen & Co. sui tassi.
Visto che quasi sicuramente il Congresso non prorogherà la fase di sospensione e non alzerà neanche il tetto sul debito, il limite fissato a $20 trilioni ($20.000 miliardi) tornerà a essere operativo, a partire dal prossimo giovedì 16 marzo.
“In quel momento, il Tesoro dovrà iniziare ad adottare misure straordinarie, al fine di evitare in modo temporaneo che gli Stati Uniti facciano default sui loro bond”, si legge nella lettera che Mnuchin ha scritto lo scorso 8 marzo ai leader della Camera e del Senato.Queste misure straordinarie, secondo l’Ufficio di Budget del Congresso, rimanderanno soltanto il problema, che si ripresenterà probabilmente in autunno. Se entro quel termine, i parlamentari Usa non avranno infatti agito, il dipartimento del Tesoro non sarà più in grado di pagare tutti i conti in cui è debitore, in quanto avrà perso l’autorità di accedere ai prestiti. E le entrate, insieme alla liquidità, non saranno sufficienti a onorare tutti i debiti contratti.
La combinazione di tutti questi fattori ha portato ieri il tasso dei Treasuries a 2 anni – tra l’altro il più sensibile alle aspettative di un rialzo dei tassi – a valori record dall’estate del 2009, ovvero fino all’1,379%. I tassi decennali hanno toccato il massimo dalla metà di dicembre e dunque del 2017, al 2,607%. Nelle ultime sessioni è balzato anche il tasso dei Treasuries a 5 anni, fino al 2,10% circa.
Il bagno di sangue non ha risparmiato ieri neanche gli ETF sul credito high yield, che hanno sofferto i flussi in uscita più forti dal periodo precedente le elezioni.
Bisognerà vedere ora come reagiranno i Treasuries al report occupazionale che, secondo le stime di Reuters, rivelerà una creazione, a febbraio, di 190.000 nuovi posti di lavoro, in calo rispetto alla crescita di 227.000 unità a gennaio, e un tasso di disoccupazione in ribasso dal 4,8% al 4,7%. I salari medi orari sono attesi in rialzo dello 0,3% su base mensile.
In ogni caso, secondo diversi strategist, il dado ormai è tratto: la prossima settimana, al termine delle riunioni del 14-15 marzo, la Fed alzerà i tassi.