L’Fmi rivede al ribasso il conto della crisi: perdite per “solo” 3.400 mld $
Il pantano subprime è lontano per molti economisti, ma il conto della crisi da pagare resta da capogiro. Le perdite della crisi, fra il 2007 e il 2010, ammonteranno a circa 3.400 miliardi di dollari. Lo stima il Fondo Monetario Internazionale nel Global Finacial Stability Report di ottobre diffuso oggi.
Anche se i rischi nel settore finanziario mondiale si confermano alti, la situazione nell’insieme appare migliorata. Secondo gli esperti del Fmi il sistema finanziario globale si sta, infatti, stabilizzando. E dalle parole sono passati subito ai fatti: i tecnici dell’organizzazione hanno rivisto le perdite mondiali, fra sofferenze e svalutazioni, per il periodo 2007-201, a 3.400 miliardi di dollari, 600 in meno rispetto alle previsioni di aprile.
Una revisione che deriva principalmente dal rialzo dei valori mobiliari e da un nuovo modello di calcolo per le svalutazioni, spiega il rapporto. La parte del leone la fanno le banche americane con 600 miliardi di perdite e 400 potenziali seguite da quelle dell’area Euro che sommano 800 miliardi fra registrate e potenziali mentre gli istituti britannici accusano oltre 200 miliardi di perdite e poco meno di 400 potenziali.
Certo, secondo il Fondo, il capitale e le prospettive degli istituti di credito hanno compiuto progressi da aprile, ma i ricavi non potranno compensare completamente le perdite. Senza contare che una parte significativa di svalutazioni resta ancora sommersa nei bilanci delle banche. Le banche Usa hanno riconosciuto finora circa il 60% delle svalutazioni previste mentre quelle nella zona euro e in Gran Bretagna sono arrivate ad individuarne solo il 40%. Ma potrebbe essere solo una punta dell’iceberg.
Dunque per gli esperti dell’FMI saranno ancora necessarie azioni ulteriori per rafforzare il capitale delle banche e supportare il credito al sistema finanziario mondiale. In particolare un ruolo clou lo dovranno svolgere i policymaker chiamati a loro avviso ad affrontare considerevoli sfide a breve termine. Fra queste, elencano al Fmi ci sono quella di garantire una crescita del credito per sostenere la ripresa economica; ideare adeguate exit strategy e gestire la crescita dei rischi da indebitamento pubblico. Le zone d’ombra insomma restano e non sono poche. Prima di poter scrivere la parola fine è meglio stare in guardia.