Notizie Notizie Mondo Fine PEPP No Problem: Draghi non Draghi la Bce lavora a un nuovo scudo per blindare i BTP

Fine PEPP No Problem: Draghi non Draghi la Bce lavora a un nuovo scudo per blindare i BTP

7 Ottobre 2021 11:00

Fine del PEPP, il QE pandemico bazooka anti-Covid lanciato dalla Bce di Christine Lagarde? No problem: la banca centrale europea sta già studiando un piano per un nuovo programma di acquisti di bond, che sostituirà il PEPP al momento della sua scadenza, prevista per il marzo del 2022. E’ quanto hanno riferito fonti vicine alla Bce a Bloomberg, che non ha mancato di mettere in evidenza la preoccupazione che rimane a Francoforte per il destino della carta italiana e dei tassi dei BTP.
Bce pronta a blindare in particolare i BTP con un nuovo piano. Scudo pro-Italia anche con fine PEPPNell’articolo si legge, infatti, che le autorità monetarie sono ben consapevoli della “crisi di mercato che ha colpito l’Italia all’inizio della pandemia”.

E sono ben consapevoli del fatto che, dopo aver lanciato misure straordinarie di stimoli fiscali, i governi dell’area euro sono più esposti alla speculazione degli investitori, rispetto al passato.

Draghi non Draghi, la Bce vuole fare la sua parte per l’Italia

“L’assicurazione Draghi non sarebbe sufficiente?”, viene da chiedersi.

La Bce vuole fare comunque la sua parte e blindare i BTP dai venti di speculazione e da eventuali future turbolenze di mercato che dovessero presentarsi alla scadenza del PEPP.

D’altronde, in un contesto in cui i debiti sovrani globali sono stati affossati dai timori crescenti di inflazione, i tassi europei sono balzati di 20 punti base circa nel corso delle ultime due settimane.

Lo spread BTP-Bund viaggia attorno ai 107 punti, sui massimi degli ultimi mesi, e la tensione è stata tale nelle ultime sedute che i tassi sui BTP decennali sono arrivati a sfondare la soglia dello 0,90%, attorno ai valori più alti degli ultimi sei mesi.

Le indiscrezioni riportate da Bloomberg sul nuovo piano di acquisti di bond a cui la Bce starebbe lavorando hanno fatto subito il loro effetto, facendo scendere stamattina i rendimenti decennali italiani sotto la soglia dello 0,90%, fino allo 0,86% circa.

L’aumento dei tassi – non solo dei BTP, ma anche dei Bund, Gilt e Treasuries – è naturale se si considera che, sulla scia dell’inflazione e della ripresa delle rispettive economie, le banche centrali pensano che sia arrivato il momento giusto per staccare la spina alla cosidetta droga monetaria.

La Norges Bank della Norvegia è stata la prima tra le principali banche centrali dei paesi avanzati ad alzare i tassi e la Bank of England  è ormai pronta a fare il grande annuncio, anticipando anche la Fed.

Dal dot plot della Federal Reserve è emerso inoltre che il tapering è alle porte e che i rialzi dei tassi, entro il 2024, potrebbero essere ben sette.

Così come la Corea del Sud,  anche la Nuova Zelanda si è data una mossa –alzando i tassi in era pandemica per la prima volta in sette anni mentre, nell’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce, la presidente Christine Lagarde si è rifutata di proferire la parola ormai quasi tabù “tapering”, rassicurando sulla persistenza di misure accomodanti anche una volta che il PEPP non ci sarà più. Tanto che si è pensato, per la Bce, all’ossimoro del tapering dovish o, anche, di QE infinity.

Bce, dosi del PEPP stanno già scendendo

I rumor riportati nelle ultime ore da Bloomberg confermano  in un certo senso quanto Lagarde stessa aveva detto,: testualmente, per usare le sue parole, “dopo la pandemia la nostra forward guidance e il nostro piano APP (acquisto di asset) garantiranno una politica monetaria accomodante”.

Il riferimento all’APP (programma di acquisto di asset), insomma, c’è stato. E in attesa del meeting più recente della Bce del 9 settembre scorso, qualche esperto aveva già commentato di prevedere una sorta di fusione tra il PEPP e l’APP.

In particolare Pasquale Diana, Senior Macro Economist di AcomeA SGR, scriveva: Dopo marzo 2022, la BCE cercherà probabilmente di trasferire parte della flessibilità del PEPP all’APP, il programma di acquisti principale. La BCE potrebbe (a luglio o nei meetings seguenti) iniziare a parlare di questo come di uno degli strumenti nuovi per portare le aspettative d’inflazione al 2%. Ad esempio, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, per l’appunto QE pandemico) potrebbe diventare un ‘PRPP’ (Pandemic Recovery Purchase Programme), e quindi diventare uno strumento per comprimere gli spread ben oltre il 2022. Questo sarebbe visto come molto dovish dal mercato”.

Commento molto simile a quello degli analisti di Morgan Stanley, che avevano detto di ritenere che la Bce avrebbe continuato a fare acquisti dopo il PEPP attraverso un programma APP (quello che esisteva già prima del PEPP, il classico piano di Quantitative easing) più flessibile e potenziato, visto il debole outlook di medio termine sull’inflazione”.

Non dunque lo stesso programma attuale APP, attraverso cui la Bce acquista asset per un valore di 20 miliardi di euro al mese, ma un piano più forte, più da scudo anti-spread.

Le fonti interpellate da Bloomberg hanno riferito infatti che, in base al nuovo piano, gli acquisti di asset verrebbero effettuati in modo selettivo, dunque derogando a quella norma che al momento è presente sia nel PEPP che nell’APP, secondo cui l’acquisto del debito dovrebbe avvenire in proporzione alla dimensione di ciascuna economia.

Le dosi del bazooka PEPP stanno già diminuendo. Lo dimostrano i dati snocciolati ieri e relativi al QE pandemico.

Nel corso degli ultimi due mesi, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Radiocor, la Bce ha effettuato acquisti di Btp nell’ambito del Pepp per 21,46 miliardi di euro, in ribasso rispetto ai 25,82 miliardi del bimestre precedente. Il totale dei titoli di stato italiani acquistati dalla Bce nell’ambito del Pepp dall’inizio del programma sale di conseguenza a 230,23 miliardi di euro. Fra agosto e settembre la Bce ha inoltre acquistato titoli di stato tedeschi per 33,3 miliardi a 334,50, francesi per 25,80 a 246,51 e spagnoli per 15,07 miliardi a 155,77 miliardi.