Fine corsa per il superdollaro? Ecco cosa dice l’analisi di Moneyfarm
La debolezza del dollaro è stato e resta uno dei temi caldi dell’estate. Il dollar index, che traccia la performance del biglietto verde nei confronti di un paniere di altre 10 valute più importanti, ha mostrato una flessione del 10% dal punto di massima a marzo. Non solo, la cronaca recente vede il cambio Eur/Usd tornare a puntare prepotentemente la soglia ‘psicologica’ 1,20, “anche se dovremmo aspettare il fine settimana per dichiarare definitivamente ‘defunta’ la resistenza posta ad 1,1916”, avvertono gli strategist di Mps Capital Services.
Anche Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm, si sofferma sulla recente debolezza del biglietto verde nell’analisi dal titolo “La fine del super dollaro?“. Secondo l’esperto, la questione è importante da valutare per chi ha investimenti in dollari è che “potrebbe vedere parte del proprio valore diminuire e un cambio del rapporto di valuta potrebbe avere conseguenze dirette o indirette su un gran numero di asset class”. Rossignoli inizia la sua analisi dal capitolo “una valuta riserva”. “Il dollaro è la valuta di riserva a livello mondiale e come tale anche la valuta più scambiata sui mercati”, afferma spiegando che i “fattori sono in definitiva riconducibili alla fiducia globale dell’egemonia statunitense, che rendono il biglietto verde la divisa considerata più sicura per conservare valore, sia da parte di privati sia da parte di istituzioni come le banche centrali”. La forza del dollaro, spiegano ancora da Moneyfarm, permette al governo Usa e alla Fed di adottare misure politiche e fiscali estremamente significative senza intaccare il valore della moneta in modo eccessivo.
Il prezzo del dollaro, dove arriverà?
Ma l’interrogativo che si rincorre maggiormente nell’ultimo periodo è: “Dove arriverà il prezzo del dollaro'”. Se gli analisti di Credit Suisse in una recente nota si mostravano chiaramente ribassisti sul dollaro parlando “dell’inizio di un lungo periodo di bear market”, diversa la posizione di Rossignoli che scrive: “Quella a cui stiamo assistendo ci sembra essere dunque una normale dinamica dovuta a fattori contingenti. Il dollaro rimane la valuta di riserva, perché non esiste alternativa e non vediamo alle porte un posizionamento significativo del biglietto verde nei confronti dell’euro. Bisogna comunque ricordare che il dollaro storicamente è stato molto valutato negli ultimi anni e che un riposizionamento verso un cambio più favorevole all’euro non sarebbe innaturale e potrebbe essere in un certo senso auspicato anche dall’amministrazione Usa che, in passato, si è espressamente detta favorevole a una svalutazione del dollaro per favorire la competitività delle sue aziende e riequilibrare la bilancia commerciale”.
Certo, ammette l’esperto di Moneyfarm, la direzione è difficile da prevedere, molto dipenderà da come la pandemia si propagherà negli Stati Uniti e dalla capacità di ripresa della politica americana. “Quando si considerano i fattori che determinano il valore del dollaro ci si rende conto che essi sono in una qualche misura influenzati da un insieme di eventi”, afferma ancora Rossignoli sottolineando che “l’economia americana ha mostrato molta resilienza e probabilmente si avvia verso una ripresa più veloce nel 2021; questa dinamica – se si verificasse – andrebbe a compensare gradualmente l’indebolimento del biglietto verde nel medio termine” e “la Fed non agisce in modo isolato. Per quanto l’espansione monetaria – e quella fiscale – sia stata chiaramente più pronunciata che in altre geografie, la storia ci insegna che le principali banche centrali mondiali tendono nel tempo a colmare il gap di policy con la Federal Reserve”.
Secondo l’analisi di Rossignoli, “detto questo, e considerato anche il punto di partenza che vede un dollaro comunque ai massimi storici, probabilmente nei prossimi mesi potremmo assistere a un graduale riposizionamento del dollaro nei confronti dell’euro e a un parziale ritorno della volatilità da un punto di vista valutario”.