Notizie Notizie Italia Europa non ci siamo: scudo d’emergenza sui BTP non c’è ancora, serve un ‘Whatever it takes 2.0’

Europa non ci siamo: scudo d’emergenza sui BTP non c’è ancora, serve un ‘Whatever it takes 2.0’

22 Marzo 2020 09:43

Da “non siamo qui per chiudere gli spread” a “Non ci sarà alcun limite pur di salvare l’euro”. La giravolta a 360 gradi di Christine Lagarde nel breve volgere di pochi giorni testimonia il grave danno di credibilità a cui è andata incontro la Bce nella caotica gestione del’emergenza Covid-19. Nel mezzo si sono messe anche le parole del governatore della Banca Centrale austriaca Robert Holzmann (“la politica monetaria ha raggiunto i suoi limiti”), forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso inducendo lo stesso 18 marzo, a tarda sera, la Bce a varare il ‘QE pandemico’ da 750 miliardi di euro. 

Il nuovo programma di acquisiti denominato ‘Pandemic Emergency Purchase Programme’ (PEPP) finanzierà l’acquisto di titoli di Stato e bond corporate, sulla base del programma di acquisti già esistente (APP), fino alla fine della crisi del Covid-19, ma non prima della fine del 2020. È stata concessa una deroga speciale all’idoneità delle obbligazioni per consentire l’acquisto dei titoli di Stato greci, dato che al momento non godono del rating investment grade. “Presumibilmente, ciò è stato deciso pensando anche ai titoli di Stato italiani, dato che l’Italia è precariamente vicina a perdere il suo rating investment grade“, rimarca Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist di Schroders.

Supporto a Italia ancora non totale

La BCE non abbandona i limiti autoimposti sugli acquisti (non più di un terzo di qualsiasi emissione obbligazionaria),  ma ha suggerito che prenderà in considerazione la possibilità di cambiare questi vincoli e avrà una certa flessibilità nel breve termine per indirizzare gli acquisti verso certe classi di asset o certi emittenti, anche se alla fine dovrà comunque allinearsi al ‘capital key’ entro la fine dell’anno.

Il PEPP si somma ai 120 miliardi di euro annunciati il 12 marzo e agli acquisti già programmati nell’ambito dell’APP di 20 miliardi di euro al mese. In totale, il programma di quantitative easing passa così da 60 a 350 miliardi di euro a trimestre. Tuttavia, rimarca Schroders, finché non vi sarà una garanzia esplicita che la BCE è pronta a fornire totale supporto all’Italia in caso fosse necessario un bail-out, continuerà a persistere il rischio di una crisi del debito. “L’Italia è decisamente troppo grande per essere salvata usando solo i fondi e i programmi esistenti. I rendimenti dei titoli di Stato italiani sono diminuiti dopo l’annuncio (con un conseguente aumento dei prezzi) ma rimangono molto più elevati rispetto a prima dell’inizio dell’emergenza”. Lo spread Btp-Bund è ritornato in area 200 pb con tasso del BTP decennale all’1,66%, mentre prima del Covid-19 era sceso ampiamente sotto l’1% con spread in area 130.

Guardando avanti, Schroders si aspetta che la BCE tagli il tasso sui depositi di 10 punti base. Inoltre, potrebbe aumentare ulteriormente gli acquisti di asset.

Le parole pesano, Lagarde non regge confronto con Draghi

Filippo Diodovich, Senior Strategist di IG Italia, ritiene che le parole della Lagarde, sotto forma del tweet non possano essere paragonate a quelle di Draghi sia nella forma della comunicazione (ben diverso un tweet rispetto ad una conferenza stampa) sia negli effetti sui mercati finanziari. Inoltre, prosegue Diodovich, non c’è certezza che tali misure possano essere sufficienti per stabilizzare a lungo i mercati. Quando Mario Draghi aveva pronunciato il “whatever it takes”  “credetemi sarà sufficiente” i mercati avevano creduto alle sole parole di Draghi, le misure sono arrivate successivamente con l’architettura delle operazioni OMT.

La soluzione dell’incremento del quantitative easing era la più facile da adottare nel brevissimo periodo. “Tuttavia – argomenta Diodovich – ci aspettavamo una quantità ancora maggiore in dotazione del piano (1000-1200 mld di euro) proprio per scoraggiare qualsiasi tentativo di speculazione sui Paesi maggiormente indebitati, tenendo conto del peggioramento delle recenti condizioni economiche nel Vecchio Continente”. “Non riteniamo quindi che nel medio/lungo periodo tali scelte della BCE possano essere sufficienti a fermare i timori degli investitori sull’emergenza coronavirus e sui rischi di un crollo di reputazione degli istituti europei. Serve qualcosa ancora di più significativo. Non solo nei numeri ma nell’impegno”.

Le tre possibili mosse 

IG Italia ritiene sia necessario fare un passo successivo da parte delle istituzioni europee.

1- La prima opzione è dare la possibilità di attivare le operazioni OMT senza l’obbligo di aderire alle stringenti condizioni del programma ESM (o eventuale revisione delle norme);

2- Modificare il mandato della BCE aggiungendo oltre al controllo della stabilità dei prezzi anche il raggiungimento della piena occupazione, come negli statuti di Federal Reserve e della Banca Centrale neozelandese;

3 – Lancio di bond europei garantiti da tutti gli Stati membri.

La terza opzione ovvero l’introduzione degli Eurobond o Coronabond è secondo IG la soluzione più efficiente per ricucire le spaccature aperte dai vari membri degli istituti europei. Obbligazioni che raccolgono fondi vincolati al finanziamento delle spese sostenute dai singoli Stati per fronteggiare l’emergenza coronavirus. “Obbligazioni che se non comprate dagli operatori di mercato possano essere oggetto di acquisto del piano di Quantitative Easing della BCE. Una tale soluzione fermerebbe l’avanzata di tutti i movimenti separatisti europei e darebbe un concreto segnale che l’Europa è unita e solidale”, dice Diodovich.

Mercati ancora a rischio

Le borse iniziano a credere all’impegno degli istituti europei ma probabilmente non è ancora sufficiente per stabilizzare le piazze finanziarie per l’emergenza coronavirus nel medio/lungo periodo. Il Governing Council della BCE è spaccato, non solo il governatore austriaco si è opposto a misure monetarie così espansive ma, secondo le indiscrezioni delle agenzie di stampa, anche il capo dell’istituto centrale olandese Klaas Knot e quello tedesco Jens Weidmann.  “Riteniamo che in mancanza di nuove misure la stabilizzazione dei mercati finanziari possa essere solo temporanea. Il probabile acuirsi delle emergenze di coronavirus negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti potrebbe causare l’ennesimo cortocircuito delle piazze finanziarie. Solamente con misure economiche nuove ed estreme si possono limitare i danni economici del virus. Senza dimenticare che ogni Stato dovrà eseguire anche quelle sanitarie, ovvero il distanziamento sociale, l’aumento dei tamponi, l’isolamento dei pazienti positivi e il rintracciamento dei contatti delle persone positive”.