Esperti: con la crisi in Pakistan bufera anche sulle Borse asiatiche
L’ombelico del mondo è oggi in Pakistan, esattamente Rawalpindi. In questa città non troppo lontana dal confine con l’India e dove l’ex primo ministro Zulfikar Ali Bhutto è stato impiccato nel 1979 dopo essere stato deposto da un colpo di stato, anche sua figlia Benazir Bhutto, prima donna a guidare un Paese islamico, aveva ieri un appuntamento con il destino: è stata assassinata in un attentato kamikaze. Ed è stato subito caos. La situazione nel Paese che conta 160 milioni di musulmani, dotato di arsenale atomico, è infatti precipitata velocemente sull’orlo di una guerra civile. E in effetti l’emotività si è già sentire: le principali Borse di Asia e Pacifico, ad eccezione di Taiwan, dopo l’attentato terroristico in Pakistan hanno risentito del nuovo scenario: Tokyo ha archiviato la seduta in calo dell’1,65% e Seul lo 0,60%; senza contare che il costo per proteggere il debito del Pakistan dal default è balzato di 100 punti basi a 530 punti basi sul listino di Hong Kong. Purtroppo potrebbe essere solo l’inizio: il rating sul debito del Pakistan potrebbe infatti essere abbassato se il Paese precipiterà in una spirale di violenza e di incertezza politica e se venissero rinviate le elezioni in programma il prossimo 8 gennaio. E’ questo il commento telefonico rilasciato da Thomas Byrne, credit analyst for Moody’s Investors Service all’agenzia Bloomberg, che per il momento ha confermato il rating sul debito del Pakistan a B1 con outlook negativo. Non hanno dubbi in merito nemmeno gli analisti di Standard & Poor’s. “Tutto ciò è davvero molto triste ed è difficile fare delle previsioni, l’unica indicazione chiara è che la situazione in Pakistan si sta facendo sempre più difficile”, ha detto anche Andrea Freris, capo della ricerca di Bnp Paribas in Hong Kong. “Sarebbe assurdo che gli investitori dicessero di aspettarsi una situazione tranquilla dal momento che il Paese stava cercando di passare da una dittatura non stabile militare a un ruolo diverso”. Il brutto incubo in cui è piombato il Pakistan e che purtroppo è più che mai reale rischia di far sembrare lontano anni luce la crescita del 7% messa a segno quest’anno dall’economia del Paese e su cui erano confidenti gli analisti anche per l’anno nuovo. “La morte della Bhutto ha chiaramente rafforzato la possibilità di instabilità nel 2008 così che il rischio sarà più alto, dal momento che ci saranno più notizie guidate dalla volatilità”, ha detto Patrick Lynch, co-head dei mercati asiatici della Morgan Stanley ad Hong Kong.