ENI si sgonfia con scetticismo su proclami Trump, anche Unicredit e Intesa annaspano sul Ftse Mib
Primi scorci di giornata in calo per Piazza Affari. Il Ftse Mib cede l’1,22% a quota 16.628 punto dopo il balzo dell’1,75% di ieri sotto la spinta dei titoli oil. Oggi forte attesa per i dati sul mercato del lavoro di marzo che dovrebbero evidenziare i primi forti effetti dell’emergenza Covid-19. Ieri il balzo record di 6,6 milioni nelle richieste iniziali di disoccupazione evidenzia il continuo impatto economico sull’economia americana. Morgan Stanley stima che il 2020 segnerà la peggiore recessione dal Dopo Guerra per gli Usa con PIL giù del 5,5%.
Dietrofront di ENI, dubbi su effettive mosse Russia e Arabia
Tra i singoli titoli ritraccia ENI a -3,35% a quota 9,50 euro dopo il balzo della vigilia in scia al rally record del petrolio sotto la spinta delle parole di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che l’Arabia Saudita e la Russia potrebbero ridurre la produzione di greggio di almeno 10 milioni di barili al giorno nel tentativo di sostenere i prezzi del petrolio. Trump ha twittato che dopo aver parlato con il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, che ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin, i due avrebbero concordato di fermare la guerra dei prezzi e tagliare la produzione. “È evidente che un accordo del genere dipenderebbe dal coinvolgimento di un’intera serie di membri non OPEC, come Canada, Messico e compagnie petrolifere statunitensi indipendenti, che è tutt’altro che garantito”, rimarcano gli analisti di IG nella Morging Call.
Il Cremlino ha successivamente smentito le trattative, mentre l’Arabia Saudita ha chiesto una riunione d`emergenza dei Paesi produttori per stabilizzare il mercato raggiungendo “un accordo equo”. Mercoledì scorso l’Arabia Saudita aveva portato la propria produzione petrolifera sopra quota 12 mln bpd, il massimo storico, proprio nel momento in cui l’emergenza coronavirus ha fatto precipitare del 20-25% la domanda globale tra marzo e aprile. “Un taglio della dimensione citata da Trump (10 mln bpd) equivale a circa il 45% dei volumi di Russia (11 mln bpd) e Arabia Saudita (12 mln bpd) insieme – argomenta Equita SIM – una dimensione elevata anche considerando che l’intera organizzazione OPEC produce 30 mln bpd. Sebbene sia ragionevole che qualche forma di accordo tra OPEC, Russia, Usa e altri paesi produttori possa emergere in questa fase di prosciugamento della domanda, il taglio da mettere in campo sul lato dell’offerta è veramente ingente, un fattore che rende complicato il raggiungimento di un accordo fra così tante parti coinvolte – la proposta precedente che non era stata approvata dai russi era di 2 mn bpd”.
Banche sotto pressione
Male anche il settore bancario: -1,95% Intesa Sanpaolo, -2,18% Unicredit e -2,5% Mediobanca. DBRS Morningstar ha intrapreso una serie di azioni di rating che riflettono la crescente incertezza e i rischi per le banche italiane dovuti alle perturbazioni sul mercato derivanti dalla epidemia di coronavirus. Nel dettaglio l’agenzia ha intrapreso azioni di rating su 9 banche italiane, confermando i rating per Intesa Sanpaolo, UBI e CreVal nonché l’outlook a stabile. Confermati i rating di Banca MPS, Banco BPM, Banca Popolare di Sondrio, Banca Sella, Iccrea Banca e Banca Popolare dell’Alto Adige SpA, sulle quali però ha rivisto l’outlook a Negativo da Stabile.
Anche Unipol rinuncia al dividendo
Infine male Unipol (-1,59%) che ha deciso di attenersi strettamente alle richieste dell’IVASS, sospendendo la proposta di distribuzione del dividendo per l’esercizio 2019 (pari a 0,28 euro per azione). Il cda del gruppo ha deciso inoltre di proporre all’adunanza assembleare convocata per il 30 aprile prossimo l’assegnazione a riserva dell’utile d’esercizio 2019.
Tra gli altri titoli continua il momento difficile per FCA (-1,6% a 6,185 euro) con il mercato che continua a guardare con timore allo shock che colpirà i volumi del mercato auto in questi mesi e anche al rischio che la fusione con PSA slitti e si decida di rimandare o tagliare il dividendo ordinario (2,2 mld) e quello straordinario (5,5 mld).