Eni: non vede seri danni in Libia, stasera update su attività E&P. Titolo cauto in Borsa
Eni non è a conoscenza di seri danni al suo più importante sito petrolifero in Libia, conosciuto come Elephant. E’ quanto dichiarato dal colosso di San Donato Milanese a Finanza.com dopo le indiscrezioni di ieri sera che parlavano di gravi danni al giacimento Elephant. Prima dello scoppio del conflitto libico, ricorda Intermonte, “il sito produceva 130 mila barili al giorno, Eni ha una quota del 33% ed era in procinto di cedere il 17% a Gazprom per una cifra pari a circa 200 milioni di dollari”.
Questa mattina è arrivata la precisazione di Eni, ma il titolo del gruppo guidato da Paolo Scaroni resta cauto a Piazza Affari (+0,30% a 13,75 euro) complice il declassamento del rating da Aa3 ad A1 da parte di Moody’s. La bocciatura è una conseguenza diretta del taglio di Moody’s sul rating sovrano dell’Italia, visto che il Governo è l’azionista di maggioranza della società petrolifera. Il mercato resta quindi in attesa di sapere qualcosa in più sulla situazione in Libia. Un’occasione importante sarà l’aggiornamento, che Eni terrà questa sera in Congo, sulle attività della divisione Exploration & Production.
La maggior parte degli analisti non si aspetta una revisione dei target produttivi, che prevedono una crescita media annua al 2014 della produzione pari al 3% (calcolando un prezzo del petrolio di 70 dollari al barile). “Potrebbe essere un’opportunità per fare il focus sui progetti chiave in Africa, che ormai rappresenta il 55% dei volumi di Eni, la più alta percentuale tra le maggiori compagnie petrolifere”, sottolineano gli esperti di Credit Suisse.
Infine arrivano notizie anche dal Kazakistan. Secondo quanto riportato da Reuters, la compagnia di Stato KMG sarebbe disposta ad offrire fino a 1,2 miliardi di dollari per rilevare una quota del 10% del maxi giacimento di Karachaganak. Sempre Reuters, ricorda Intermonte, “nelle scorse settimane aveva riportato che gli azionisti del consorzio (Eni possiede il 32,5%) avrebbero accettato l’ingresso di KMG a fronte del ritiro da parte del governo di Astana di tutti i reclami presentati negli ultimi anni”. Secondo Intermonte, la cessione della quota del 10% per 1,2 miliardi di euro “potrebbe avere un impatto negativo per Eni pari a circa 250 milioni di euro”.