Emergenza gas e mercati: le soluzioni possibili e i titoli dello Star di Piazza Affari che ne trarrebbero più vantaggio
Il continuo rincaro dei prezzi del gas naturale e la volatilità del mercato delineano uno scenario preoccupante, con conseguenze sia sull’economia reale, che sulle scelte di investimento. Lo si legge nel report a cura di Antonio Amendola, gestore del fondo AcomeA PMItalia ESG di AcomeA SGR, secondo cui all’avvicinarsi dei mesi invernali, lo scenario più temuto è l’eventuale incapacità di raggiungere livelli sufficienti di stoccaggio del gas, per far fronte alla maggiore domanda degli inverni a venire. Osservando i dati di Gas Infrastructure Europe, si legge nel report, l’attuale capacità totale europea di stoccaggio di gas è di circa 100 Bcm (miliardi di metri cubi) e al 7 settembre risulta completa all’83%, rispetto al 70% dell’anno passato. Il livello raggiunto soddisfa il requisito minimo dell’80% stabilito dalla Commissione Europea da raggiungere entro il 1° novembre.
Tuttavia, prosegue Amendola, a preoccupare è la sostenibilità dell’approvvigionamento di gas naturale, che ha ormai raggiunto prezzi mai visti sul mercato: il picco di agosto 2022 è di 340 €/MWh, contro una media di 30 €/MWh normalmente osservata sul mercato. Nel grafico è riportato, oltre alla percentuale di gas stoccato da Europa ed Italia, l’andamento dell’indice di riferimento europeo TTF (Title Transfer Facility), che determina il prezzo del gas naturale. Il TTF è un mercato di scambio per contratti (soprattutto futures) di compravendita di gas in Europa, utilizzato sia da produttori e società di stoccaggio che da aziende e governi. Dall’andamento dell’indice è facile notare come il rally del prezzo del gas sia iniziato già a settembre 2021 e sia stato seguito da un aumento molto rapido e volatile. Infatti, il TTF è un mercato poco liquido e quindi molto volatile e sensibile a timori e variazioni di domanda/offerta (senza poter escludere transazioni speculative).
Le mosse del G7 e della Russia
Tra i meccanismi in corso di valutazione per alleviare questo eccessivo aumento di prezzo, il G7 ha proposto un accordo sull’imposizione di un price cap alle importazioni di petrolio provenienti dalla Russia, con due scopi: da un lato limitare i flussi finanziari verso la Russia e quindi i profitti necessari a finanziare la guerra in Ucraina, dall’altro ridurre il continuo incremento dei prezzi dell’energia che contribuisce alla pressione inflazionistica generale. L’immediata reazione della Russia è stata la non riapertura (in seguito a un breve stop per manutenzione) da parte di Gazprom dei flussi di gas dal gasdotto Nord Stream 1 a tempo indeterminato, adducendo un guasto a un motore vicino San Pietroburgo.
Gli effetti di tale situazione, secondo Amendola, produrranno un impatto certo sulle capacità dei paesi importatori di ripristinare lo stoccaggio di gas, in particolare per il futuro inverno 2023, se i flussi non riprenderanno. Un ulteriore effetto è la pressione al rialzo sui prezzi di gas ed elettricità nei prossimi mesi, con un impatto negativo sulla crescita del Pil.
Il dilemma del price cap
A livello comunitario si sta lavorando su più fronti per tamponare la crisi attuale in attesa di soluzioni più strutturali di natura geopolitica. Pertanto, Amendola analizza le conseguenze dell’introduzione di un price cap, in particolare relativamente ai prezzi dell’energia e ai soggetti che dovrebbero sostenerne il peso. Nel dettaglio, si parla di un price cap “sul venditore”, ossia sul prezzo del gas importato dalla Russia; lo scopo principale dell’introduzione della misura è la riduzione dei costi dell’energia che finirebbe per impattare il consumatore finale (imprese energivore e famiglie a basso reddito in primis). Infatti, l’aumento del prezzo del gas comporta un aumento vertiginoso dei costi dell’energia elettrica, in virtù del forte legame che esiste tra i due. Quindi, se l’obiettivo del price cap è ridurre l’impatto dell’inflazione energetica, secondo Amendola è necessario separare il legame esistente tra gas ed energia elettrica e trovare metodi di finanziamento per proteggere dai rincari le fasce di consumatori più fragili. Tra le soluzioni possibili individua sistemi di tassazione (es. windfall taxes sugli extra-profitti) oppure l’emissione di debito a livello comunitario.
Un’ulteriore strada discussa per mitigare la crisi energetica è la graduale sostituzione dell’utilizzo di gas naturale con altre fonti di energia: tra le più plausibili il ricorso al LNG (tra i sostituti prevalenti), al nucleare e alle fonti rinnovabili. Però, avvisa Amendola, l’offerta di energia attuale non è compatibile con le esigenze industriali e del mercato competitivo attuale: il gas russo non può fisicamente essere sostituito nella sua totalità da energie rinnovabili in tempi brevi, ma è necessaria una combinazione tra LNG, rinnovabili e gas naturale proveniente da paesi alternativi alla Russia.
Tra le alternative all’introduzione di un price cap, si legge nel report, sicuramente trova spazio la riduzione volontaria di domanda e consumo di gas naturale da parte dei paesi europei. Alcuni membri dell’UE hanno adottato il programma di riduzione dei consumi “Save Gas for a Safe Winter”, ad oggi su base volontaria (ma può prevedere un’estensione obbligatoria in casi emergenziali). La riduzione di domanda da parte di imprese industriali secondo Amendola potrebbe contribuire a maggiori livelli di gas stoccato, ma a spese della crescita del Pil Ue.
Un’ultima spiaggia suggerita dal manager di AcomeA è la parziale riapertura delle centrali a carbone, che tuttavia risulta impraticabile: molti paesi hanno iniziato lo smantellamento delle centrali a carbone in ottica di transizione energetica, con l’idea di appoggiarsi alle energie rinnovabili e al nucleare nel futuro prossimo. Questa era l’idea prevalente in Ue fino a tempi recenti, prima che gli scenari energetici cambiassero come ora a mostrare che la duration (intesa come rapidità di adattamento) del settore energetico è maggiore di quella del marcato.
I titoli dello Star più sensibili al gas
Considerando lo scenario italiano, oggi ci sono 10 campi di stoccaggio di gas naturale, per una capacità totale di 16 Bcm (ad oggi riempiti all’83%). Nel report Amendola prova ad esaminare la reazione in Borsa di un campione di titoli del segmento Star di Borsa Italiana, calcolando la sensibilità (Beta) della voce costi del conto economico dell’ultimo trimestre alla variazione del prezzo del gas TTF. Con questa analisi possiamo trovare quali sono i titoli più sensibili al prezzo del gas.
Le aziende che troviamo nel quadrante in alto a destra, si legge nel report, hanno la maggiore sensibilità e il maggior impatto in termini di costi al prezzo dell’energia, al contrario di quelle nel quadrante in basso a sinistra. Nel grafico qui sotto vediamo il multiplo Prezzo-Utile (in verde) e Enterprise Value-Ebitda (in bianco) dell’indice Star. Da come possiamo vedere siamo ben sotto la media storica per entrambe le metriche. Secondo Amendola, è interessante iniziare a guardare con interesse proprio i titoli del quadrante in alto a sinistra, in quanto presentano il maggior potenziale in caso di risoluzione, anche parziale, della crisi energetica.
Le aziende maggiormente penalizzate in termini di performance per il tema energetico, si legge nel report, possono offrire importanti rialzi qualora si trovi una soluzione al livello comunitario per tamponare l’emergenza e/o in caso di soluzione strutturale di natura geopolitica. Le aziende secondo Amendola più promettenti sono: Zignagno Vetro, Wiit, Aquafil, Tesmec e Piovan.