Elezioni: il dado è tratto, Mattarella pronto a sciogliere Camere. Quanto è reale rischio di nuovo shock spread?
Il conto alla rovescia per le elezioni politiche italiane sta per iniziare in via ufficiale. E quella data del ritorno alle urne indicata nel 4 marzo del 2018 – che solo a essere paventata aveva fatto tremare i mercati- si sta trasformando sempre di più da ipotesi a realtà.
Secondo indiscrezioni circolate nelle ultime ore, il presidente Sergio Mattarella sarebbe pronto a convocare i presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, per sciogliere le Camere, subito dopo il discorso di fine anno del premier Paolo Gentiloni (previsto per la giornata di domani)
Il dado, secondo le fonti, sarebbe stato già tratto.
Domani, 28 dicembre, si dovrebbe così chiudere il capitolo della XVII legislatura della Repubblica, che era iniziata il 15 marzo del 2013.
A quel punto, a seguito del decreto di scioglimento delle Camere, toccherà al Consiglio dei ministri decidere la data in cui gli italiani torneranno al voto.
Inizialmente, sulla base di accordi informali tra i partiti, due sembravano le date più probabili per le elezioni politiche italiane: il 4 marzo o il 18 marzo. Si era parlato anche dell’11 marzo.
Nelle ultime settimane, la data del 4 marzo è apparsa come la più probabile. Ed è bastato questo a freddare gli operatori di mercato, che si sono affrettati a smobilizzare gli asset finanziari italiani.
A essere scaricati dai vari portafogli sono stati, in particolare i BTP italiani che, lo scorso 15 dicembre, hanno chiuso la settimana peggiore dal mese di luglio, rinfocolando la paura dello spread.
Certo, la situazione è decisamente cambiata rispetto a quel tragico anno 2011, in cui i massicci attacchi speculativi contro l’Italia portarono il differenziale – della cui stessa esistenza pochi, fino a quell’anno, erano a conoscenza – a volare al record assoluto di 574 punti base.
Erano i tempi in cui in discussione era la ragion d’essere stessa dell’euro, e in cui il governo Berlusconi veniva platealmente ridicolizzato dall’asse Merkel-Sarkozy. L’Italia veniva bersagliata dalle vendite, in quanto considerata anello debole dell’Europa, soffocata da anni di latitanza di crescita economica e da un debito tra i più alti al mondo (e quest’ultima cosa non è cambiata da allora).
Il 9 novembre del 2011 può essere ricordato come il giorno in cui il paese fu sull’orlo del baratro, con tassi sui BTP decennali che volarono fino al record del 7,47%.
Il BTP era ormai diventato sinonimo di carta straccia, i cds (credit default swap, contratti per assicurarsi contro il rischio di default dei bond, in questo caso titoli di debito italiani) inanellavano nuovi record.
Italia salvata dai fondi avvoltoi dalla Bce di Draghi
Ma il “worst case scenario”, lo scenario peggiore, venne sventato: l’Italia non fece default, non bussò alla porta di Bruxelles per un intervento di bail-out. A Berlusconi succedette il governo tecnico di Mario Monti e quella che apparì all’Ue come un’Italia che finalmente faceva i compiti a casa iniziò a riacquistare la fiducia degli investitori internazionali.
Lo spread ritracciò dai massimi, i BTP si rivalutarono, i tassi iniziarono a imboccare con decisione la via dei ribassi.
Ma gran parte di tutto ciò avvenne soprattutto grazie alla mano salvifica di Mario Draghi, che con il suo “whatever it takes” prima e il suo Quantitative easing poi mise in sicurezza l’Italia.
Come? Acquistando, semplicemente, i suoi BTP (nell’ambito del QE, con cui tuttora continua ad acquistarli, e con cui acquista anche i bond sovrani emessi da altri paesi). Al punto da far nascere un nuovo dubbio: quello di aver creato alla fine una bolla.
Non per niente, con la mano salvifica di Draghi i tassi sui bond sovrani dell’Italia sono letteralmente crollati dal 7,47% sotto al 2%. E non per niente il piano QE è stato ribattezzato, nella sua versione italiana, come scudo BTP.
Ma la domanda, ora, è: lo shock spread che segnò l’Italia nei giorni concitati del 2011 potrebbe ripetersi?
Investitori istituzionali e fondi avvoltoi sono sull’attenti. Le elezioni politiche italiane cadono d’altronde proprio nell’anno in cui la Bce inizierà a dimezzare il valore degli acquisti che effettua con il Quantitative easing. Una decisione che, secondo Citigroup, avrà pesanti ripercussioni soprattutto sull’Italia.
Il motivo è semplice:
“(L’Italia) ha uno stock enorme di debito, che la rende molto più sensibile ai cambiamenti dei tassi di interesse rispetto ad altri paesi con valori più bassi di debito”.
Italia: il grande rischio viene dalla Bce
Intanto oggi l’economista americano David P. Goldman , nell’articolo “Italian debt issue as ECB tapers: the big risk”, scrive:
“Ecco un dato chiave per l’Italia: gli acquisti di BTP da parte della Bce valgono più dell’intero deficit del paese, il che equivale a dire che la Bce ha finanziato più dell’intero deficit” italiano.
“Il rischio è che, con la Bce che avvierà il tapering e i rendimenti che saliranno, l’Italia avrà problemi a finanziare il suo deficit”. Sicuramente, il costo salirà: Goldman prevede che un aumento dei tassi pari a +1% costerà all’Italia l’1,3% del Pil, portando il deficit a salire al 3,8% del Pil“.
A ciò si aggiunge il rischio concreto di ingovernabilità che potrebbe concretizzarsi nel post voto.
In questa situazione, ha fatto notizia la recente performance dei titoli di stato portoghesi rispetto a quella dei titoli pubblici spagnoli e italiani.
I problemi politici che assillano l’Italia e la Spagna (quest’ultima alle prese con i venti di secessione in Catalogna) hanno portato gli investitori a preferire i bond lusitani, al punto che nella sessione dello scorso 20 dicembre, i rendimenti decennali si sono attestati a un valore inferiore di 9 punti base rispetto a quello dei tassi sui BTP. Si è trattato del valore più basso dal gennaio del 2010 riportato dai tassi portoghesi nei confronti di quelli degli altri paesi del Sud Europa.
Così l’analista di DZ Bank, Rene Albrecht, ha commentato la notizia a Reuters:
“Gli investitori si stanno spostando dai bond italiani verso quelli portoghesi, a causa del persistere dell’incertezza legata alle elezioni italiane a marzo”. Inoltre, “in Portogallo il governo ha fatto progressi notevoli nel restituire i debiti contratti con gli investitori internazionali”.