E’ il Bull Market più lungo della storia, ma Wall Street ha il fiato corto e Pimco vede recessione globale in agguato

Lo S&P 500 con la seduta di ieri ha eguagliato il mercato rialzista più lungo della storia di Wall Street dalla seconda guerra mondiale a oggi. Dai minimi del 9 marzo 2009, quando la crisi subprime e Lehman portò lo S&P a un minimo di 676 punti, il mercato è cresciuto di oltre il 320 per cento, con i maggiori performer come Netflix e Ulta Beauty che superano il +5.500% di saldo positivo in questi 9 anni e mezzo. A contribuire maggiormente al balzo dello S&P 500 in termini di capitalizzazione è stata Amazon con un apporto di oltre il 4% del totale in vuirtù del sensazionale +3.013% messo a segno in questi anni con titolo passato da 60 dollari del 9 marzo 2009 agli attuali 1.900 circa.
Ma in termini di performance il migliore mercato toro fu quello dell’Era Reagan
Un totale di 3.453 giorni di assenza di una correzione superiore al 20% dell’indice S&P 500 che permette di eguagliare quanto fatto nel corso della “Grande Espansione”, il rally intercorso tra novembre 1990 e marzo 2000 e che fu di portata superiore (+418% per lo S&P 500). Ci sono stati però bull market più prepotenti in termini di performance con quello dell’Era Reagan che durò meno ma regalo ritorni annui ben più elevati: Cagr del 26,7% del rally 1982-1987 contro il 19% della Grande espansione e il “solo” +17% circa annuo dell’attuale mercato toro.
Le ragioni che fanno propendere per la fine del rally
A mettere i bastoni tra le ruote al mercato toro potrebbero essere diversi fattori considerate le attuali tensioni presenti a livello internazionale tra guerra dei dazi e progressivo inasprimento delle politiche monetarie. Nel 2000 fu lo scoppio della Bolla dot-com a porre fine al grande rally con la parallela azione della Federal Reserve per contrastare l’inflazione (sei rialzi consecutivi dei tassi).
Anche questa volta il bull market potrebbe trovare sulla sua strada l’ostacolo delle banche centrali con Pimco che vede una probabilità del 70% che l’economia mondiale entri in una fase di recessione nei prossimi 3-5 anni quando la politica monetaria ultra-accomodante dagli Stati Uniti all’Europa si fermerà. “L’allentamento quantitativo è stata un’ondata che ha sollevato tutte le barche – afferma Marc Seidner , Chief Investment Officer of non-traditional strategies di Pimco – Se stessimo cercando di cercare analoghi storici al contesto attuale in termini di politica monetaria non ce ne sono”.
Gli Usa verso l’anno con maggiore crescita economica dal 2005, sostenuta dalla robusta domanda interna e dall’impatto della riforma fiscale, e la Federal Reserve rimane sulla buona strada per ulteriori aumenti dei tassi di interesse quest’anno nonostante risultino in aumento i rischi geopolitici e i timori politici interni per l’amministrazione Trump.
Jim Paulsen, head strategist di Leuthold Group, rimarca come i rendimenti dei Treasury sono competitivi e in aumento, gli indici di fiducia sono prossimi ai massimi storici e il tasso di disoccupazione del 3,9% difficilmente può migliorare ancora. “Quando si esaurisce la capacità di migliorare le cose che aiutano il mercato, allora ci troviamo davanti a un mercato che ha toccato i suoi massimi”, asserisce Paulsen.
Ieri toccata e fuga dai massimi storici per lo S&P 500, torna rischio impeachment per Trump
Proprio ieri lo S&P 500 ha toccato i nuovi massimi storici intraday non riuscendo però a mantenere l’impostazione positiva in chiusura (-0,8% il close) complici i problemi giudiziari di Trump (Michael Cohen, ex avvocato di Trump, ha confessato di aver violato le leggi federali sui finanziamenti elettorali) che fanno salire il rischio di impeachment contro il presidente Usa.
Una spada di Damocle giudiziaria che pende sopra la Casa Bianca con l’inchiesta sul Russia-gate che rappresenta lo snodo più importante. “Ci sono probabilità elevate che nei primi mesi del 2019 una richiesta di impeachment venga approvata alla Camera (che nel frattempo avrà discrete possibilità di essere passata ad una risicata maggioranza democratica con le elezioni di metà mandato) -argomenta Alessandro Balsotti di JCI Capital – ma non si vede oggettivamente come il processo possa completarsi con i due terzi richiesti al Senato se non in presenza di un qualche imprevedibile tsunami politico che costringa il partito Repubblicano a defenestrare un non certo amato ma al momento politicamente indispensabile presidente”.