Dopo Draghi, la palla passa a Madrid ma Rajoy tentenna: nessun aiuto chiesto all’Ue
“Quando avrò qualcosa di nuovo da comunicarvi, lo farò”. Questo è stato il laconico commento del premier spagnolo Mariano Rajoy, al termine della conferenza stampa seguita al suo incontro di ieri con il cancelliere tedesco Angela Merkel. Dopo l’annuncio sul piano salva-spread del presidente della Bce Mario Draghi, e dopo la precisazione che agli aiuti si accede facendo richiesta esplicita al fondo EFSF, il meno che ci si aspetterebbe è la pronta adesione di Madrid. Soprattutto dopo i ripetuti appelli di Rajoy all’azione da parte dell’Eurotower, e dopo l’attesa creata dal premier con il suo “attendiamo le mosse della Bce per prendere una decisione”.
E invece no. Rajoy tentenna ancora e prende tempo. “Non ho ancora letto con attenzione le dichiarazioni di Draghi. La Spagna non ha fatto alcuna richiesta di aiuti all’Unione Europea. Quando avrò qualche novità la comunicherò”, sono state le parole del premier. “Madrid non ha fretta di chiedere aiuti”, ha ribadito anche un portavoce del governo a conclusione della conferenza stampa dopo l’incontro con il cancelliere tedesco. Madrid quindi, tutto sommato, potrebbe non fare affatto la richiesta di aiuti che l’Europa aspetta.
Secondo quanto nota il Financial Times, infatti, il dilemma di Rajoy è tutto politico. “Il primo ministro spagnolo è del tutto cosciente delle disastrose conseguenze politiche che avrebbe una richiesta di salvataggio su un governo che ha appena nove mesi di vita, eletto proprio per evitare alla Spagna il destino di Grecia, Portogallo e Irlanda”, scrive il quotidiano inglese. Attivare l’EFSF, secondo quanto illustrato da Draghi, darebbe sì il via all’acquisto da parte della Bce di bond spagnoli, ma attirerebbe anche gli occhi degli osservatori internazionali – in primis il Fondo Monetario Internazionale che Draghi ha detto di voler coinvolgere in tema di vigilanza sugli Stati – sulla Spagna, per vegliare sul rispetto della “stretta condizionalità” che è precondizione imprescindibile perché il piano di Outright Monetary Transaction non venga interrotto.
La Spagna diventerebbe quindi sorvegliata speciale, proprio come Grecia, Irlanda e Portogallo: una sconfitta politica che Rajoy proprio non potrebbe accettare. Senza contare la continua pressione internazionale alla quale sarebbe sottoposta, la necessità di non “sgarrare”, di mandare sicuramente ad effetto tutte le riforme per non mancare agli impegni presi e vedersi sospendere, con somma ignominia, il programma di acquisto bond. Può affrontare la Spagna una simile sfida? E soprattutto, deve proprio affrontarla?
Ieri, davanti all’attento cancelliere tedesco, il premier spagnolo ha illustrato l’impegno del proprio governo sciorinando il succo delle riforme attuate in Spagna, da cui la Merkel si è detta impressionata e le quali, ha affermato, daranno frutto a suo tempo. La Spagna ieri si è inoltre rifinanziata per i prossimi 2-4 anni per oltre 3,5 miliardi di euro. La tentazione di Rajoy di liquidare tutto con un: “ce la facciamo da soli”, salvando il proprio valore politico, probabilmente è forte. Ma l’Europa oppressa dagli spread impazziti punta gli occhi su Madrid. La Bce ha fatto la sua parte; ma la chiave per attivare la reazione a catena che allenti la tensione nell’Eurozona, ora, è in mani spagnole .