Dismettere il patrimonio pubblico italiano non servirà, parola di SocGen
Il piano di dismissioni italiano non funzionerà. O almeno non avrà gli effetti sperati. Lo spiegano gli analisti di Société Générale in un report pubblicato ieri in contemporanea con il seminario sul piano di valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni pubbliche voluto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e presentato dal capoeconomista della Cassa depositi e prestiti, Edoardo Reviglio.
La proposta si concentra sul patrimonio pubblico dello Stato, valorizzato 1.800 miliardi, di cui 700 miliardi, nelle aree crediti, concessioni, immobili e partecipazioni, considerati “immediatamente valorizzabili”. Dalle sole cessioni di immobili pubblici il governo si attende di ricavare 25-30 miliardi, mentre dalla vendita dei diritti di emissione CO2 altri 10 miliardi.
Nel complesso la valorizzazione degli asset pubblici potrebbe – secondo le stime governative – portare a una riduzione del debito per 10 miliardi l’anno, con una riduzione strutturale del deficit di 9,8 miliardi l’anno.
Una tesi che non convince gli analisti di Société Générale. “Le privatizzazioni – spiegano gli analisti – sono periodicamente avanzate come una soluzione dei problemi fiscali da parte di Paesi altamente indebitati, dalla Grecia al Portogallo. Ci sono due aspetti da considerare: l’impatto diretto delle privatizzazioni in termini di solvibilità – che è probabilmente vicino allo zero – e l’impatto diretto sulla produttività, che potrebbe essere positivo. La vendita di asset statali non è una cura efficace per la solvibilità di un Paese”.
L’intuizione di SocGen è la seguente: la vendita di un asset comporta un incasso una-tantum, ma si perde la rendita derivante da esso, tanto da fare delle privatizzazioni “un gioco a somma zero in termini di valore attuale, che lascia invariata la posizione di solvibilità di medio termine di un governo”.