Di Maio accusa: decreto fiscale manipolato da “manina”. Salvini lo fredda: ‘Nessun trucco’

Ossessionato dalla presenza di una manina invisibile, per parasafrare la mano invisibile di Adam Smith, il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio apre una profonda spaccatura nella relazione già tesa tra il M5S e la Lega, facendo allo stesso tempo una figura non proprio esemplare con il Colle.
Tutto nasce con la dichiarazione con cui il leader del M5S afferma che il testo del decreto fiscale inviato al Colle, nella parte in cui disciplina la pace fiscale, è stato “manipolato”.
Il punto è che è lo stesso Quirinale a far sapere, tramite il suo ufficio stampa, di non aver ricevuto alcun testo. E, in un’intervista rilasciata a Repubblica, Matteo Salvini sottolinea: “Nessun trucco. Legge di bilancio e decreto fiscale sono passati in Consiglio dei ministri all’unanimità. Nessuno ha votato contro. Anche perché quello che chiamate condono, un condono non è“.
Ossessione manina per Di Maio
Nel suo intervento a Porta a Porta, Di Maio si lascia andare ad accuse più o meno esplicite nei confronti di presunti manipolatori che avrebbero storpiato le disposizioni sulla pace fiscale, inserendo misure che gridano al condono e al riciclaggio.
A smentire quella che appare a molti un’accusa delirante, proferita da un leader in preda a manie di persecuzione, è la stessa Lega di Matteo Salvini:
“Siamo gente seria, non sappiamo niente di decreti truccati“. Alla fine, mentre è nel bel mezzo del Consiglio europeo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si trova a dover sbrogliare l’ennesima matassa:
“Venerdì torno a Roma e si chiude – dice ai giornalisti, rientrando in albergo dopo una cena di lavoro con i capi di governo dell’Unione europea, indicando la decisione di bloccare il testo – Noi abbiamo approvato un testo in Consiglio dei ministri e il testo deve essere quello”.
Ma quello che viene chiamato già caso condono rimbalza ormai ovunque nelle pagine dei giornali italiani e stranieri: su Twitter nasce l’hashtag #manina, mentre Conte blocca l’invio formale del decreto al Quirinale, comunicando anche l’intenzione di “rivedere personalmente il testo articolo per articolo”.
L’ennesima crepa nei rapporti tra la Lega e il M5S sembra essere diventata già una voragine anche se Di Maio, nel suo intervento a Porta a Porta, sta attento a fare accuse precise:
“Questo testo contiene un condono, uno scudo fiscale alla Renzi, come quelli che faceva Renzi e quindi non lo voterò. Non ho ragione di dubitare della Lega perchè ci siamo stretti la mano”.
Ciò detto, “questo è il governo con il più alto numero di nemici e non mi meraviglia”.
Nel confermare l’intenzione di ricorrere alla procura della Repubblica, il vicepremier spiega:
“Tendo a escludere responsabilità politiche perchè mi fido delle persone con cui sono al governo. Tutto quello che metteremo in campo dopo la denuncia alla Procura delle Repubblica ci farà capire di chi sono le responsabilità. Abbiamo detto che aiutiamo la gente che è nelle grinfie del fisco o di Equitalia, ma mai si è parlato di una pacificazione tra fisco e cittadino che riguardasse capitali mafiosi o impunità per riciclaggio”.
Alla domanda su eventuali responsabilità del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, Di Maio precisa: “Non mi permetterei mai. Anche se ci fossero responsabilità della parte tecnica non mi permetterei mai di indicare nessuno, fino a che non ci sarà la conclusione delle indagini. Abbiamo avvertito palazzo Chigi, che si premurerà di avvertire il Colle“.
E tuttavia, le accuse tornano, nel momento in cui il ministro afferma che “in questo governo stanno avvenendo tante cose inedite, tra cui tanti giochini. Non ci siamo fatti molti amici in questi anni, quindi ci sta che qualcuno provi a metterci lo sgambetto”.
L’ossessione sulla presenza di una manina, insomma, c’è:
“Non so se sia stata una manina politica o una manina tecnica, in ogni caso domattina si deposita subito una denuncia alla procura della Repubblica perché non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato”.
I toni vengono smorzati solo dopo la smentita del Colle, secondo cui il testo non sarebbe neanche mai arrivato:
“Ai miei uffici è stato riferito che il testo era giunto al Quirinale. Se il testo non è ancora arrivato al Quirinale allora basterà lo stralcio di quella parte e non sarà nemmeno necessario riunire il Cdm”, cerca di riprendersi Di Maio.
Non è la prima volta che il vicepremier parla di manina. Un’accusa del genere è arrivata anche in occasione del varo del decreto Dignità quando, durante una diretta Facebook, il giovane pentastellato puntò il dito contro i tecnici del Mef. Stavolta le accuse sono più pesanti, perchè chiamano in causa i diretti alleati del M5S al governo, ovvero la Lega.
Se la ride in tutto questo l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi:
“Di Maio è un uomo disperato. Vota a sua insaputa un condono, poi grida allo scandalo. Attacca me. Non capisce il senso dei testi che vota. Dopo questa giornata imbarazzante la domanda è semplice: ma Di Maio sa almeno leggere ciò che firma?“.