Notizie Notizie Mondo Deficit commerciale Usa: calo tre mesi record in un decennio. Ma schiaffo arriva sempre dalla Cina

Deficit commerciale Usa: calo tre mesi record in un decennio. Ma schiaffo arriva sempre dalla Cina

6 Luglio 2018 16:17

Per ora i fondamentali economici degli Stati Uniti non danno alcun segnale di indebolimento: non solo il mercato del lavoro è solido ma il deficit commerciale verso gli altri paesi continua anche a scendere. Tanto che il calo degli ultimi tre mesi è stato il più forte in 10 anni. Cosa ha dunque da temere Trump? La Cina, ovviamente: a fronte del forte calo del dato complessivo, il deficit commerciale verso il paese è, infatti, di nuovo aumentato. Ancora peggio: ha testato il record di sempre di maggio nella storia.

Esattamente, il valore è stato pari a $32 miliardi, rispetto ai $30,8 miliardi di aprile.

Allo stesso tempo, tuttavia, escludendo la componente dei beni petroliferi, il deficit commerciale Usa verso la Cina è stato il più basso dal marzo del 2017.

In generale, il deficit commerciale degli Stati Uniti è sceso a maggio di ben il 6,6%, al minimo in 19 mesi: il valore si è attestato a $43,1 miliardi, dopo i $46,1 miliardi di aprile, a un livello più basso rispetto ai $43,6 miliardi attesi dal consensus.

Si tratta di fatto del minimo dall’ottobre del 2016, che conferma il tratto discendente del deficit commerciale americano, proprio in un momento in cui i toni del presidente contro i suoi principali partner commerciali si fa più acceso.

Esaminando bene il dato, emerge che la componente che ha contribuito in misura maggiore al balzo delle esportazioni – salite dell’1,9%, a $215,3 miliardi – è stata soprattutto quella dell‘export dei semi di soia.

Il rialzo su base mensile è stato di ben +90% a maggio, fattore che può essere spiegato con la decisione di diversi paesi di acquistare i prodotti prima dell’imposizione dei dazi sui semi di soia Usa attesa dalla Cina. Le consegne di semi di soia sono quasi raddoppiate a $4,1 miliardi.

Le importazioni hanno messo a segno un rialzo dello 0,4%, a $258,4 miliardi, grazie all’ondata di acquisti record di beni capitali dall’estero.

Il dato è stato reso noto lo stesso giorno in cui i dazi doganali da $34 miliardi che l’amministrazione Trump aveva deciso di imporre contro la Cina sono entrati in vigore.

La guerra commerciale è dunque iniziata ufficialmente. E si può dire che si tratta davvero soltanto dell’inizio, viste le dichiarazioni con cui il presidente americano ha detto di puntare a tariffe punitive contro Pechino per più di $500 miliardi.

Dal fronte economico Usa oggi è stato reso noto anche il report occupazionale di giugno, che ha confermato la solidità del mercato del lavoro.

L’economia americana ha creato 213.000 nuovi posti di lavoro, oltre i 200.000 stimati dal consensus. In rialzo, a sorpresa, il tasso di disoccupazione che, dopo essere precipitato al minimo degli ultimi 18 anni a maggio, al 3,8%, è risalito al 4%.

Niente di preoccupante, tuttavia, visto che l’incremento si spiega principalmente con l’aumento della partecipazione alla forza lavoro, confermato dall’ingresso di 600.000 persone.

I salari orari, a cui gli economisti e la Fed in primis prestano una grande attenzione per comprendere le dinamiche dell’inflazione, sono saliti di 4 centesimi nel mese, a $26,98. Su base annua, la crescita è rimasta invariata al 2,7%.

L’aumento dell’occupazione ha interessato soprattutto i colletti bianchi, con 50.000 nuove posizioni aperte nel mese di giugno; le aziende manifatturiere hanno assistito a una crescita di posti di lavoro di 36.000 unità; l’occupazione è cresciuta inoltre rispettivamente di 25.000 e 13.000 unità nei comparti healthcare e delle costruzioni. L’unico segmento che ha sofferto una flessione è stato quello retail. Basti pensare che le società del comparto hanno tagliato 22.000 posti di lavoro, dopo averne creati 25.000 il mese scorso.