Crisi governo, Giorgetti fredda Conte: ‘non è persona di garanzia’. E Tria e Salvini parlano due lingue diverse
Non sarà crisi di governo conclamata, ma poco ci manca: in questi giorni accesi di campagna elettorale, il governo M5S-Lega dà l’impressione di rinnegare se stesso, con dichiarazioni in arrivo da più parti che dicono tutto e il contrario di tutto. E così, mentre in un’intervista rilasciata a QN il titolare del Tesoro Giovanni Tria ricorda gli impegni dell’Italia sul versante dei conti pubblici – impegni, fa notare, scritti e incisi nel Def – , si apre una crepa nei rapporti tra il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e ilpremier Giuseppe Conte.
Tutto quanto parte dalle parole di Giorgetti che, per l’ennesima volta, non ha remore a parlare di segnali di crisi di governo. In un’intervista rilasciata a La Stampa, il politico leghista va anzi anche oltre, affermando chiaro e tondo che “il premier non è una persona di garanzia”.
“Conte ha cercato e cerca di interpretare un ruolo di mediazione che non può essere solo quello dei buoni sentimenti. La sensibilità politica lui non ce l’ha e quando lo scontro si fa duro ed è chiamato a scendere in campo fa riferimento alla posizione politica di chi lo ha espresso. Non ha i pregiudizi ideologici del mondo grillino. Ma lui non è una persona di garanzia. È espressione dei Cinque Stelle ed è chiamato alla coerenza di appartenenza”.
Non si fa attendere la risposta del diretto interessato, che reagisce all’accusa di non essere super partes con queste parole:
“Non possiamo accettare allusioni, insinuazioni affidate a una mezza intervista o a un video su Facebook. La grammatica costituzionale richiede che chi lo fa si assume responsabilità”. Ancora Conte: “Non possiamo dare agli italiani esempio massima coesione, come è accaduto recentemente in Consiglio dei ministri, dove all’unanimità è stata ribadita piena fiducia” nel mio operato per poi “pochi giorni dopo metterlo in discussione in termini di imparzialità”. E, proprio per ribadire la sua imparzialità, tiene a precisare, parlando da Borbona, in provincia di Rieti, che “il presidente del Consiglio sin dall’inizio di questa competizione non si è assolutamente lasciato coinvolgere nella competizione elettorale ed è sempre rimasto al di fuori della dialettica”.
Di conseguenza, conclude, “non troverete mai una mia dichiarazione a favore di una parte o dell’altra”. Conte lancia anche un monito, affermando che “in questo rush finale” della campagna elettorale “la vis polemica e le reazioni si sono fatte emotivamente più intense e più accese”.
E mentre la tensione Giorgetti-Conte mette in allerta chi continua a tifare per questo governo, tutte le contraddizioni dell’esecutivo nella gestione dei conti pubblici emergono.
Basta mettere a confronto le dichiarazioni del ministro Tria con quelle del vicepremier, leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Tria lo dice chiaro e tondo:
“Nel Def è scritta nero su bianco la volontà dell’Italia di rispettare gli impegni presi sul contenimento di deficit e debito. Vale questo. E alla fine lo spread non potrà non tenerne conto”.
“Il nostro spread è oggettivamente eccessivo rispetto sia a quello di altri Paesi dell’euro sia rispetto ai fondamentali sottostanti dell’economia italiana. Detto questo, i suoi movimenti sono determinati dalla fiducia: nelle prospettive del Paese, nella credibilità della sua classe politica, nella stabilità delle sue scelte di politica economica. Noi dobbiamo lavorare per recuperare quella fiducia. A tutti i livelli”.
Alla domanda se l’Italia riuscirà a sistemare i propri conti senza dover subire una procedura di infrazione Ue, Tria afferma che “non è facile, lo ammetto, far quadrare l’equazione“, aggiungendo, comunque, che “ci riusciremo come già nell’autunno scorso, quando quasi nessuno ci credeva. Certo, bisognerà fare delle scelte, scelte politiche prima che economiche, perché non si può immaginare di poter rispettare gli impegni presi su deficit e debito e al tempo stesso abbassare le tasse e aumentare le spese. La scelta tra più spesa o meno tasse è una tipica scelta politica di fondo”.
A sentire Tria, dunque, il governo sarebbe impegnato a rispettare le regole imposte dall’Ue e a muoversi su un sentiero di contenimento di deficit e debito. Ma, in tutto questo, Salvini continua a sognare e a far sognare la flat tax a tutti, e non si trattiene dal riprendere lo shock fiscale lanciato negli Usa dal presidente Donald Trump:
“In Italia serve uno shock fiscale come quello di Trump – dice Salvini – L’unico modo di far correre l’Italia è quello di spalancare le porte del mondo del lavoro e di abbassare le tasse”. E sulla flat tax per tutti, rincara nuovamente la dose: “Una tassazione al 15% farebbe correre l’Italia: assunzioni, paesi stranieri verrebbero ad investire qui. Certo, non tutto per tutti adesso. Bisogna abbassare progressivamente le tasse anche perchè con i tagli in questi anni il debito è aumentato”.
Non proprio una dichiarazione che sembra preludere alla decisione dell’Italia di mettersi in riga. Di certo, in questi ultimi giorni di campagna elettorale, Salvini non ha certo dato l’impressione di pensare alla solidità dei suoi conti pubblici.