Crescita economia Usa al top dal 2014, confermato ottimismo Fed. Outlook tassi: fin dove saliranno?
L’economia americana continua a marciare a passo spedito, come d’altronde ha detto qualche ora fa anche Jerome Powell, numero uno della Fed, commentando la decisione della banca centrale di alzare i tassi di interesse di 25 punti base, al nuovo range compreso tra il 2 e il 2,25%. A riprova dell’ottimismo di diversi economisti sulla solidità degli Usa, è arrivata oggi la lettura finale del Pil relativo al secondo trimestre dell’anno.
Dal dato è emerso che l’economia degli Stati Uniti è salita al tasso annuo del 4,2%, in linea con il consensus. Nessuna sorpresa, tuttavia, rispetto alla prima revisione, visto che la crescita è stata confermata al 4,2%, come era stato indicato durante la prima lettura. Tra le componenti principali del dato, particolarmente solido è stato il trend delle spese per consumi, salite del 3,8%, come emerso nella lettura precedente.
In generale, l’economia americana è cresciuta al tasso del 3,2% nel primo semestre del 2018. Il rialzo del secondo trimestre è imputabile soprattutto agli effetti del maxi taglio alle tasse varato dall’amministrazione Trump, per un valore complessivo di $1,5 trilioni. Nel trimestre precedente, quello compreso tra i mesi di gennaio e marzo, il Pil era salito del 2,2%.
Il trend del secondo trimestre si conferma il più solido dal terzo trimestre del 2014, dunque in quattro anni, e giustifica in un certo senso la decisione della Federal Reserve di rimuovere dal comunicato l’aggettivo “accomodante” che finora aveva sempre accompagnato la sua definizione di politica monetaria.
La banca centrale Usa prevede un altro rialzo dei tassi a dicembre, altre tre strette monetarie l’anno prossimo, e una ulteriore nel 2020. Tali manovre dovrebbero portare i tassi sui fed funds al 3,4%, mezzo punto percentuale circa al di sopra di quel livello che la Fed considera “neutrale”, ovvero quel valore in corrispondenza del quale i tassi né stimolano né frenano l’economia.
Occhio alle nuove stime su Pil, inflazione e disoccupazione che sono state snocciolate dalla Fed. C’è da dire comunque che è stato lo stesso numero uno della Fed, Jerome Powell, a tenere a bada i falchi affermando che la “rimozione del termine (accomodante) non implica un cambiamento nel percorso del rialzo dei tassi”.
Non farà piacere invece a Donald Trump, che tra l’altro si è già lamentato di quest’ultima stretta monetaria, sapere che nel mese di agosto il deficit della bilancia commerciale degli Stati Uniti – esclusa la componente dei servizi – si è allargato a $75,8 miliardi, al record in sei mesi, con le esportazioni che sono scese dell’1,6% e le importazioni salite dello 0,7%.
Questo, nonostante i vari schiaffi che continua a sferrare nella guerra commerciale che ha inaugurato contro la Cina in particolare, e il mondo in generale.