Convegno CSC: Tria rassicura, ‘niente finanza allegra’. Ma in Confindustria temono aumento spread, mentre BTP pagano aut aut Di Maio
Il ministro dell’economia Giovanni Tria interviene al convegno organizzato dal Centro Studi di Confindustria – CSC – spiegando la legge di bilancio su cui il governo M5S-Lega sta lavorando, nella speranza, forse, di placare i falchi Ue. Tria parla del ruolo cruciale, per la crescita dell’economia, degli investimenti pubblici, e affronta diverse questioni, difendendo il il reddito di cittadinanza e altre misure della manovra economica.
Non manca il monito rivolto ai precedenti governi, così come non manca la promessa: “dal prossimo anno ci sarà un’accelerazione rispetto al passato nel percorso di riduzione del debito”. Tria parla anche di un rapporto deficit-Pil che, dopo lo scostamento previsto per l’anno prossimo, scenderà negli anni successivi.
Ssoprattutto, il titolare del Tesoro tiene a precisare che questo esecutivo non ha alcuna intenzione di basare la propria strategia su una “finanza allegra che finisca per far saltare i conti.
“Non mi pare che questo sia il governo della finanza allegra” che possa “far saltare i conti pubblici per far spazio alle promesse”.
Nel giorno della presentazione dei nuovi Scenari economici, il Centro Studi di Confindustria (CSC) prende tuttavia le distanze dalla legge di bilancio a cui sta lavorando il governo e, oltre a tagliare le stime sulla crescita del Pil italiano, lancia una serie di alert, tra cui il rischio che gli italiani paghino più tasse in futuro, l’altolà a qualsiasi dietrofront alla legge Fornero e la necessità di una manovra da 35-37 miliardi.
Andando per ordine, negli ultimi Scenari economici CSC ha rivisto al ribasso l’outlook sull’espansione del Pil a un rialzo +1,1% nel 2018 e a +0,9% nel 2019. Rispetto ai calcoli di giugno, il taglio è di 0,2 punti per entrambi gli anni.
“Si assottiglia la crescita dell’Italia – scrivono gli analisti del Centro studi di Confindustria, spiegando che il downgrade si giustifica con le attese di un Pil più debole nel secondo trimestre del 2018 e da una revisione al ribasso dell’espansione stimata per il secondo semestre di quest’anno:
“Si sono, infatti, indebolite le condizioni per la crescita, interne ed esterne, rispetto allo scenario delineato a giugno”, ha chiarito il Csc, citando come fattori di rischio l’aumento dei rendimenti dei bond governativi italiani e la minore crescita degli scambi commerciali globali:
Per il CSC altri rischi al ribasso che possono incidere più direttamente sulla dinamica del Pil italiano, soprattutto nel 2019, sono: “l’eventuale impatto restrittivo sui bilanci di imprese e famiglie a seguito dell’ormai prossima fine della politica monetaria iper-espansiva della Bce; l’epilogo degli incentivi sugli acquisti di beni strumentali; un’eventuale diminuzione della fiducia dei mercati sulla sostenibilità dei conti pubblici italiani, legata all’incertezza sulle scelte di politica economica del nuovo governo, che verranno definite nella Legge di bilancio in ottobre”.
“Potrebbe accentuarsi – scrive a tal proposito il CSC – l’aumento del rendimento del Btp decennale, già cresciuto al 3,15 per cento (da 2,89) il giorno dopo il Consiglio dei ministri del 27 settembre. Questo peggiorerebbe le condizioni del credito per famiglie e imprese e il costo per la finanza pubblica”.
Viene ribadita la priorità di mettere in sicurezza i conti pubblici:
Occorre avviare “un percorso di rientro del debito pubblico italiano, dopo quattro anni persi, attraverso misure che incidano sulla dinamica del Pil”. Un tale percorso “è cruciale per rassicurare i risparmiatori che investono nel debito pubblico del Paese, cioè i mercati finanziari, evitando che i primi segnali già osservati di uscita di capitali esteri e domestici dall’Italia si possano trasformare in un pericoloso trend”.
La manovra viene considerata “imponente” il che significa che, in assenza di coperture “ben definite si rischia, ex post, un rapporto deficit/Pil più alto”, anche del 2,4% s,tabilito come target dal governo M5S-Lega nel Def.
I tre rischi all’orizzonte sono identificati per l’Italia in un eventuale nuovo aumento dello spread, nella decisione dell’Ue di avviare una procedura di infrazione e, come paventato poche ore fa dagli analisti di Goldman Sachs, il downgrade dell’Italia da parte delle agenzie di rating.
Nella sessione odierna, intanto, lo spread BTP-Bund rallenta – nelle prime ore della seduta – rispetto ai record della vigilia, quando ha superato anche la soglia di 300 punti base. I rumors su quella che Bloomberg definisce una sorta di capitolazione del governo M5S-Lega al pressing dell’Ue – ovvero quelli secondo cui si starebbe pensando di far scendere il target sul deficit-Pil dal 2,4% del 2019 al 2,2% nel 2020 e 2% nel 2021 – inizialmente smorzano i timori.
Non aiutano certo però le parole del vicepremier Matteo Salvini, che alza i toni affermando che l’Ue vuole in ginocchio l’Italia per fare shopping a basso costo nel paese. Mettendo KO l’Italia, continua Salvini, si persegue il fine ultimo di “comprare sottocosto aziende, banche, marchi della moda”.
E non aiutano sicuramente, stamattina, neanche le dichiarazioni dell’altro vicepremier, Luigi Di Maio che, parlando con i cronisti di Montecitorio, ha affermato che “o sarà manovra del popolo o non ha senso andare avanti”.
Immediata la reazione dello spread, che torna subito a quota 300 pb. Così Di Maio:
“La manovra del popolo è quasi pronta. I cittadini devono sapere che nel 2019, nel 2020 e nel 2021 ci sarà il reddito di cittadinanza, la pensione di cittadinanza, il superamento della Fornero, il rimborso dei truffati delle banche, l’abbassamento delle tasse per imprese e partite Iva. Deve essere una vera manovra del popolo, se poi nel 2020 e 2021 si abbassa il deficit noi saremo ancora più contenti, ma deve restare tutto quello che abbiamo sempre promesso agli italiani altrimenti non ha senso andare avanti”. Di Maio ha spiegato, parlando del deficit, che “per il momento il 2,4% resta sicuramente per il 2019, per il 2020 e 2021 stiamo vedendo di accelerare l’abbassamento del rapporto deficit-pil con un intervento massiccio di tagli agli sprechi, con la previsione di una crescita più alta e con la valorizzazione degli investimenti”.