Consumi: Coldiretti, è spesa di guerra con aumento acquisto di prodotti di prima necessità
Spesa di guerra per gli italiani al tempo del coronavirus con un aumento degli acquisti del 50% per le uova e del 47% per il latte ma sale addirittura del 59% la pasta, del 17% il caffè macinato e del 9% l’acqua. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti su come sono cambiati gli acquisti alimentari degli italiani con crescite generalizzate e picchi che riguardano i beni primari come durante l’ultimo conflitto mondiale, secondo i dati Iri relativi all’ultima settimana rilevata dall’8 al 15 marzo. Con l’emergenza si torna a comprare soprattutto prodotti di base con la tendenza – sottolinea la Coldiretti - ad accumulare prodotti a lunga conservazione come Grana Padano e Parmigiano (+38%), tonno sott’olio (+34%) e salumi (+22%). E nella top five dei prodotti alimentari che hanno avuto il maggiore incremento di vendite nell’ultimo mese di emergenza coronavirus ci sono anche le farine a pari merito con i legumi secchi (+83%), seguiti dalla carne in scatola (+82%), dai fagioli conservati (+72%) e dal lievito di birra (+70%) che evidenzia un ritorno in cucina degli italiani costretti a rimanere tra le mura domestiche.
Il risultato è che in 4 famiglie su dieci (38%) sono state ammassate scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore ingiustificato di non trovali più disponibili sugli scaffali, secondo l’indagine Coldiretti/Ixé. Un comportamento irrazionale che oltre a costringere a pericolose file – continua la Coldiretti – mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industria fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. Una realtà che allargata dai campi agli scaffali vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil.
Il risultato è che in 4 famiglie su dieci (38%) sono state ammassate scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore ingiustificato di non trovali più disponibili sugli scaffali, secondo l’indagine Coldiretti/Ixé. Un comportamento irrazionale che oltre a costringere a pericolose file – continua la Coldiretti – mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industria fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. Una realtà che allargata dai campi agli scaffali vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil.