Caso Verhofstadt, Conte: ‘Attacchi Parlamento Ue? E’ il canto del Cigno’ dell’Europa che sta andando a casa
Parla di quell’attacco che, proprio nel corso del suo intervento al Parlamento Ue di martedì scorso, è stato sferrato contro di lui dal leader dei parlamentari europei liberali Guy Verhofstadt, e che ha fatto tanto scalpore: è difficile per tutti, d’altronde, accettare di essere chiamati burattino, mosso dalle mani di due vicepremier. Ma parla anche dei gilet gialli, vedendo in loro, che possa piacere o meno, il nuovo che avanza, a fronte di una Europa ormai vecchia, spiazzata da quel cambiamento che il governo che lui stesso guida. In un’intervista al Corriere della Sera, il premier Giuseppe Conte si prende la rivincita contro Verhofstadt & Co, bollando quegli attacchi come “canto del cigno” di un’Europa che sta morendo:
“Mi aspettavo gli attacchi, non prevedevo scompostezza e falsità”, sottolinea, aggiungendo di credere che “per alcuni parlamentari europei il discorso di martedì sia stato un po’il canto del cigno”.
“Il mio è un governo che esprime il cambiamento in atto in Italia ed Europa. Per questo mi hanno attaccato. Molti di loro sanno che non saranno rieletti. Sono figli di forze con una vecchia ispirazione. Il nuovo vento li spiazza. Ma dispiace solo che per colpirmi siano ricorsi a falsità, tipo che facciamo morire i bambini africani in mare o che difendiamo il venezuelano Nicolàs Maduro“.
Il presidente del Consiglio spiega ancora: “Semmai, ho visto nella polemica contro di me il tentativo di esorcizzare le novità di cui il mio governo è portatore. Tutti parlano di stabilità finanziaria, meno di stabilità politica e sociale. E si trascura il consenso interno altissimo che la mia maggioranza ha, altri Paesi no. Il premier socialista Pedro Sanchez, in Spagna, sta andando diritto verso il voto anticipato. In Belgio sul fiscal compact c’è stata una crisi di governo”.
E la crisi con la Francia, che visto Parigi richiamare l’ambasciatore in Italia anche per l’incontro che il leader del M5S e vicepremier Luigi Di Maio ha avuto con i gilet gialli? Per Conte non si è trattato proprio di un errore:
“Più che di errore, parlerei di divergenza su un episodio. Sarebbe stato un errore se Di Maio si fosse mosso nel suo ruolo di governo. È andato come leader del M5S. Anche quando l’ungherese Viktor Orban di recente è venuto a incontrare il vicepremier leghista Matteo Salvini, è stato un incontro politico, tra leader di partito, e si è svolto a Milano”.
Ma evidentemente i gilet gialli raccolgono comunque la simpatia del presidente del Consiglio:
I “gilet gialli, per quanto in modo confuso e a volte sbagliato, cercano di interpretare quanto di nuovo si sta muovendo nella società francese, che piaccia o no. A Strasburgo, invece, ho visto riaffiorare la vecchia politica”.
Anche il quotidiano La Repubblica riporta alcune dichiarazioni del premier che, sempre riferendosi al caso Verhofstadt, sottolinea:
“Chi parlava apparteneva alle vecchie famiglie politiche e quindi si scagliava contro il vento nuovo. Ho allora aspettato a reagire per rispetto istituzionale, poi ho risposto pan per focaccia”. C’era bisogno di replicare a nome di tutti gli italiani, perché io lì rappresentavo l’Italia. Hanno insultato me e attraverso di me tutto il nostro Paese. Non potevo accettarlo”.
Nell’intervista viene affrontato anche il capitolo ‘Alessandro di Battista’, i suoi toni antiamercani, i suoi suoi attacchi all’Europa che, in merito alla crisi in Venezuela, ha dato il suo chiaro appoggio a Juan Guaidò.
“Di Battista non ha un ruolo di governo. E le sue posizioni non lo rispecchiano. E, ripeto, non siamo isolati. Solo che non possiamo incoronare Guaidò adesso. Altrimenti dovremmo fare la voce grossa, spedire ultimatum, dare gli otto giorni che poi diventano nove, dieci, undici. E l’opzione militare non è percorribile. Vogliamo arrivare a elezioni libere in modo diverso. Per facilitarle e affrettarle. Maduro da me non può certo sentirsi appoggiato”.