Notizie Notizie Italia Carige: rischio Italia dietro rinuncia BlackRock, adesso corsa contro il tempo per evitare fuga di capitali

Carige: rischio Italia dietro rinuncia BlackRock, adesso corsa contro il tempo per evitare fuga di capitali

11 Maggio 2019 10:48

Il salvataggio di Banca Carige diventa un vero e proprio rebus dopo il dietrofront di BlackRock, che secondo alcune ricostruzioni stampa odierne sarebbe stato dettato anche da timori del fondo Usa legate alla situazione di incertezza politica dell’Italia e possibili tensioni sui conti pubblici tra Roma e Bruxelles. Secondo quanto scrive Federico Fubini oggi sul Corriere della Sera, il gigante Usa del risparmio gestito guidato da Larry Fink, che sarebbe intervenuto in Carige con un investimento limitato – al più 400 milioni di euro – avrebbe deciso il dietrofront martedì a New York dopo diverse le riunioni. A sconsigliare l’operazione Carige sarebbero stati gli strategist macro di BlackRock in scia alle notizie che proprio martedì continuavano ad arrivare da Bruxelles e dall’Italia. L’allarme della Commissione Ue sui conti pubblici dell’Italia che evidenzia un rischio di instabilità finanziaria a cui si aggiungono le tensioni in seno all’attuale governo M5S-Lega.

Scongiurata per ora una corsa agli sportelli

Intanto le ultime indicazioni rassicurano circa la reazione degli investitori al passo indietro di Blackrock. Niente corsa agli sportelli, per il momento. Le prime indicazioni non vedono una situazione allarmante sul fronte liquidità. Secondo quanto riporta Radiocor, il livello di liquidità si è mantenuto stabile, come nei giorni precedenti, intorno ai 3,5 miliardi di euro in termini di attività stanziabili (2,7 miliardi il dato di gennaio fornito in occasione del piano industriale) e non si sono verificate situazioni di tensione agli sportelli.

Non sembra si vada a riproporre l’uscita di capitali che era avvenuta dopo l’assemblea del 22 dicembre 2018 e portò al commissariamento della banca da parte della Bce a inizio 2019.

Adesso è un rebus: soluzione di mercato difficile, ecco le altre strade

Ieri il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, ha detto che “Non si può escludere nulla. C’è una grande tensione intorno alla banca e ci si augurava che l’operazione con Blackrock potesse andare in porto”. Parola che non escludono la possibilità di un intervento dello Stato. “Serve un’operazione che metta in sicurezza la banca anche perché in caso di un crollo del sistema Carige, rischia di portare dietro altre banche ma, soprattutto di avere un’altra moria di tantissime imprese”, ha aggiunto Rixi.

Nei prossimi giorni si cercherà di perseguire ancora una soluzione di mercato, ma il rischio concreto è di una nuova nazionalizzazione stile Mps o di un intervento corale delle banche attraverso in fondo Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), soluzione di ‘sistema’ vari banchieri tra cui Mustier (Unicredit) e Castagna (Banco BPM) hanno ipotizzato ieri nel caso la situazione lo rendesse necessario. Già lunedì dovrebbe esserci una riunione d’emergenza del Fitd. 

 

Lo scenario per Carige è tornato fortemente complicato e da Bruxelles seguono attentamente gli ultimi sviluppi. Se non andasse in porto una soluzione di mercato – ieri si è parlato di tre fondi stranieri potenzialmente interessati – le possibili strade da percorrere sarebbero essenzialmente tre.

La prima è quella di un nuovo intervento delle altre banche, che lo scorso novembre hanno sottoscritto attraverso il fondo Interbancario un bond subordinato da 320 milioni e potrebbero propendere per un intervento di sistema come detto ieri da Mustier. In alternativa c’è il precedente delle due banche venete andate simbolicamente per 1 euro a Intesa Sanpaolo. Nell’ambito di un più ampio piano di liquidazione ordinata sotto la regia statale (nel caso di Veneto Banca e Popolare Vicenza il contributo pubblico fu di circa 5 miliardi al fine di tenere il Cet1 del gruppo acquirente invariato) Carige andrebbe quindi a una banca che presenta ratio patrimoniali solidi. I nomi circolati già in passato sono quelli di Unicredit e Banco BPM, ma anche UBI e Bper. In ultima istanza, se la soluzione stile banche venete non trovasse consenso a livello politico, ci sarebbe la terza e ultima strada, ossi una ricapitalizzazione precauzionale così come successo per Mps.