Notizie Valute e materie prime La caduta dell’oro non è finita, prezzi stimati sotto quota 1.000 dollari (analisti)

La caduta dell’oro non è finita, prezzi stimati sotto quota 1.000 dollari (analisti)

22 Luglio 2015 17:31

Il peggio deve ancora arrivare. Non usa mezzi termini Jeffrey Currie, n.1 per la ricerca in commodity di Goldman Sachs, per descrivere il mercato dell’oro. Causa il rafforzamento del dollaro, il prezzo del metallo giallo è destinato, per la prima volta dal 2009, a scendere sotto la soglia dei mille dollari l’oncia. Questo perché verranno a mancare i sostegni che negli ultimi anni ne hanno assicurato la prosperità. “In un contesto caratterizzato da prospettive maggiormente positive sul dollaro, e con il rischio di una sua svalutazione che inizia a ridursi, le richieste di oro in un’ottica di diversificazione rispetto al dollaro tendono a scendere”, ha detto Currie. “I rischi sono tutti dal lato ribassista” e secondo il manager dell’istituto newyorkese, in passato famoso per le posizioni perma-bulls (rialzisti perenni) sulle materie prime, “esiste la possibilità che il mercato scenda sotto quota 1.000 dollari”.

La posizione di Currie, che nel 2013 ha correttamente previsto il peggiori tonfo dei prezzi degli ultimi 30 anni, non è isolata. Secondo Georgette Boele di ABN Amro Bank e Robin Bhar di Societe Generale a dicembre un’oncia d’oro costerà circa mille dollari. Si tratta di una posizione confermata dai grandi gestori che, stando alle statistiche diffuse dalla statunitense Commodity futures trading commission, detengono il livello di posizioni nette lunghe (differenza tra contratti rialzisti e ribassisti) più basso dall’inizio della serie storica (2006). Minimi dal 2009 invece per l’oro detenuto dai fondi Etc (Exchange-traded products).

Prezzi ai minimi da cinque anni
L’oro, che in avvio di settimana, è sceso ai minimi dal 2010, paga pegno all’ormai prossimo incremento del costo del denaro negli Stati Uniti e all’aggiornamento, arrivato venerdì scorso, relativo le riserve auree cinesi. Interrompendo 6 anni di silenzio, la Banca centrale del dragone ha annunciato che dal 2009 l’oro custodito nei forzieri è passato da 33,89 a 53,3 milioni di once. Anche se quello messo a segno rappresenta un incremento di tutto rispetto, +57%, si tratta di una crescita pari a circa la metà di quella stimata dagli analisti. Al momento l’oro segna un calo di oltre un punto percentuale e passa di mano a 1.091,9 dollari l’oncia mettendo a segno la decima seduta consecutiva con il segno meno. Una serie negativa di queste proporzioni non si vedeva dal 1996.

La parola d’ordine è shortare
“Nel lungo periodo, preferiamo posizioni ribassiste”, ha detto Currie. “Riteniamo di trovarci in un mercato orso strutturale, non solo per quanto riguarda l’oro, ma per tutto il comparto delle materie prime”. Le vendite che hanno colpito l’oro non hanno risparmiato le altre commodity spingendo il Bloomberg Commodity ai minimi da 13 anni. Nelle condizioni attuali mancano due tra i maggiori fattori che hanno favorito il “superciclo” delle commodity: un incremento tumultuoso dell’economia cinese (il Pil del dragone non cresce più a doppia cifra) e l’esiguità delle risorse (l’esplosione dei prezzi registrato tra la fine degli anni ’90 e il 2008 – +1.062% per il greggio, +500% del rame e +240% per il granoturco – ha favorito il balzo dell’output).