La Brexit non è un’altra Lehman. E’ più preoccupante il rafforzamento del dollaro
Dopo lo shock dei mercati all’indomani del referendum britannico non si sono contati i commenti della stampa e le analisi degli economisti sulle drammatiche conseguenze per le economie al di qua e al di là della Manica. Il voto a favore della Brexit certamente ha spostato gli equilibri mondiali e i mercati hanno reagito di conseguenza. Ma questo divorzio, si è domandato Brian J. Smith, Senior Vice President U.S. Fixed Income di TCW, sarà davvero così disastroso? La stampa, spiega in un report lo strategist, etichetta la Brexit come un’altra “Lehman”, ma nessuna banca sta fallendo e, di conseguenza, il parallelo con il contagio finanziario di allora è inappropriato. “Inoltre – spiega Smith – il Regno Unito era già uno stato membro ai margini dell’Unione Europea e non ha mai adottato l’euro e la politica monetaria dell’Eurozona. Anzi, il deprezzamento recente della sterlina potrebbe fungere da stabilizzatore economico a sostegno della crescita, grazie a esportazioni più competitive e beni domestici più convenienti rispetto alle importazioni dall’estero“.
Due anni di separazione
Passare dal referendum all’uscita effettiva implicherà un processo molto incerto che durerà circa due anni prima di essere finalizzato. “Grazie a queste tempistiche – spiega Smith – i business avranno molto tempo per rivedere le loro strategie e adattarle ai nuovi accordi di scambio. Inoltre, questo avvenimento potrebbe fornire il catalizzatore verso risposte fiscali migliori, dato che le politiche monetarie straordinarie hanno indebolito i mercati“. Di conseguenza, nonostante la reazione iniziale, è ancora possibile un esito di lungo termine più costruttivo. Su una cosa però sono tutti d’accordo: i trend populisti stanno crescendo in tutto il mondo e questo crea un futuro più incerto: “Una crescente incertezza sia globale che interna rende gli investimenti di lungo periodo più sfidanti“, commenta Smith.
Dollaro sotto la lente
Ma che cosa monitorare nel post-Brexit? “Bisogna fare attenzione al continuo rafforzamento del dollaro e a qualsiasi potenziale reazione della valuta cinese, in quanto sintomatico dell’avversione al rischio sui mercati globali“, dice lo strategist. Nel dettaglio, la valuta cinese è ancora ampiamente ancorata a quella statunitense e l’economia della Cina ha ancora bisogno di stimoli monetari. Di conseguenza, quando il dollaro si apprezza a livello globale, solleva venti contrari per l’economia della Cina. Pechino è quindi costretta a svalutare leggermente la divisa per proteggere la competitività su scala mondiale. “Ma le svalutazioni del renmimbi hanno preceduto i periodi di avversione al rischio sia ad agosto dello scorso anno che a febbraio, per via dei timori che la Cina stesse esportando forze deflazionistiche nel resto del mondo”, spiega Smith. Da qui in avanti sarà dunque importante monitorare attentamente i continui apprezzamenti del dollaro e le eventuali corrispondenti svalutazioni del renmimbi, in quanto potrebbero nuovamente rappresentare il catalizzatore per ulteriori correzioni ribassiste.
L’impensabile diventa realtà
Infine, per quanto riguarda le Banche Centrali, Smith si aspetta che continuino a intervenire per sostenere gli attuali livelli di mercato. “Attenzione, però, alla loro crescente impotenza – dice lo strategist – Il ridotto grado di efficacia delle azioni delle Banche Centrali può rivelarsi doloroso nel breve termine, ma alla fine potrebbe incentivare maggiori riforme strutturali e interventi sul fronte fiscale, con benefici per la prosperità economica di lungo periodo“. In ogni caso, per Smith, l’importante è non credere ai sondaggi. Sondaggisti ed esperti sono stati presi alla sprovvista dal successo di Trump nelle primarie statunitensi e, in modo simile, sono risultati impreparati anche nei confronti del referendum britannico. “L’impensabile sta ripetutamente diventando realtà”, conclude lo strategist.