Brexit: “Bruxelles e Londra possono avere successo nel tempo anche su strade indipendenti”
In caso di Brexit le ipotesi più pessimistiche stimano un calo del Pil tra il 6,3 e il 9,5% (più o meno quanto registrato in seguito alla crisi del 2008) nel caso in cui Londra non riuscisse a concludere accordi commerciali favorevoli. Lo scenario più ottimistico prevede invece un vantaggio per la Gran Bretagna con un incremento di circa l’1,5% del Pil l’anno nel lungo periodo. “Nessuno sa con precisione quale sarà l’impatto – è il commento di Victoria Legget, gestore azionario europeo di Union Bancaire Privée (UBP) – Ma i mercati hanno già chiarito la loro posizione, visto che la sterlina si è indebolita e i prezzi azionari hanno perso terreno“.
Oneri per Londra
In ogni caso di tutti gli scenari potenziali nessuno prevede l’opzione “benefici senza oneri” suggerita dai maggiori sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. “Uno degli argomenti a favore del Brexit è il controllo assoluto delle frontiere, delle politiche commerciali e della regolamentazione – dice Legget – Ma, come accade per i membri dell’EEA o dell’EFTA, difficilmente la Gran Bretagna potrebbe avere politiche migratorie indipendenti senza perdere la libertà di scambio di beni e servizi”. Le perdite derivanti dalle tariffe doganali extra imposte dall’UE sarebbero però compensate dalla piena libertà di stabilire rapporti commerciali a livello globale. “È però importante notare che le tariffe imposte sul settore dei servizi finanziari britannici in caso di Brexit potrebbero dimostrarsi molto dannose, in quanto questo comparto costituisce la parte preponderante del commercio e degli investimenti diretti esteri con l’Unione“, commenta Legget.
La tenuta di Bruxelles
In caso di Brexit, quindi, le conseguenze potrebbero essere notevoli, persino sismiche. Il Regno Unito è sede di un hub finanziario globale ed è la quinta economia mondiale. Tuttavia, secondo Legget, nessun fattore è cruciale quanto la tempistica. “L’Unione europea attualmente è messa alla prova in molti modi – spiega il gestore di UBP – La crisi migratoria, le difficoltà dell’euro, le diverse agende nazionali e la delusione in diversi Stati membri sono motivi sufficientemente gravi perché l’UE manifesti preoccupazioni di fronte all’eventualità dell’uscita della Gran Bretagna. È però possibile che l’UE sopravviva a questi shock, così come è sopravvissuta molte altre volte per proseguire verso un’unione sempre più stretta“.
Separazione senza traumi
Il prossimo passaggio, si domanda UBP, implicherà un deterioramento per il rating sovrano britannico e un conseguente aumento del costo dell’indebitamento? Se il Regno Unito dovesse subire un calo nell’ammontare degli IDE (investimenti esteri diretti), Bank of England potrebbe essere costretta a inasprire la politica monetaria, alla luce dell’indebolimento dell’economia. Tuttavia l’eventuale deprezzamento della sterlina potrebbe produrre alcuni vantaggi. “Anche se venissero imposte delle tariffe sui servizi, il Regno Unito, che ha sempre contato molto sul comparto (soprattutto dei servizi finanziari), potrebbe essere indotta a ribilanciare l’economia e ciò fornirebbe una spinta alle regioni britanniche diverse da Londra – spiega Legget – Inoltre, una moneta debole potrebbe incoraggiare il turismo, che attualmente pesa per il 9% del Pil britannico e che sta crescendo molto, creando anche nuovi posti di lavoro“. “Alla fine è possibile che l’economia britannica non venga danneggiata troppo e che sia Bruxelles che Londra abbiano successo nel tempo, anche se su strade indipendenti“, conclude Legget.