Bond sovrani europei da ‘underweight’? Gestori dicono la loro su BTP & Co
Bond sovrani europei, per la precisione bond sovrani dell’Eurozona: i gestori dei fondi e i responsabili degli investimenti di diversi colossi bancari sembrano trovarsi d’accordo.
Da Citi Private Bank a Credit Suisse, fino a BNP Paribas e Deutsche Bank, tutti hanno deciso di ridurre l’esposizione dei loro portafogli di investimento verso questi titoli di stato. Lo hanno detto i gestori stessi a Citywire Selector nel mese di ottobre, come riportato dallo stesso sito.
“Il mercato europeo dei debiti sovrani – si legge nell’articolo – è un mercato che ha messo d’accordo tutti i responsabili degli investimenti. Tutti si sono tenuti alla larga (dal settore). Il revival del programma di acquisti di bond da parte della Bce, insieme agli spread sui debiti a tassi negativi, ha fatto scivolare i bond governativi in territorio ‘underweight’ nella maggior parte dei portafogli”.
Come ha ammesso Yves Bonzon di Julius Baer: “In un mondo in cui i tassi dei bond governativi a cinque anni di Francia, Portogallo e Spagna sono tutti negativi, preferiamo rimanere alla finestra”.
Non particolarmente confortante neanche la view di Bob Homan, numero uno della divisione di investimenti di ING, nei confronti dei BTP.
Homan ha ammesso che il colosso olandese si è lasciato sfuggire l’opportunità di guadagno arrivata con il rally improvviso della carta italiana, balzata nelle settimane roventi in cui il governo M5S-Lega si è dissolto, lasciando il posto all’esecutivo attuale targato M5S-PD.
Un’occasione persa, senza tuttavia grandi rimpianti:
“I bond italiani sono stati i migliori quest’anno in Europa, ma noi non li abbiamo per due ragioni – ha spiegato Homan – Prima cosa, i conti dell’Italia non ci piacciono. Seconda cosa, a mala pena possiamo acquistarli, i bond, visto che motivi di natura fiscale rendono molto complicato, agli investitori olandesi, riuscire ad accedere al mercato”.
In ogni caso, ha aggiunto l’esperto, l‘Italia non è un paese su cui si desidera essere posizionati, quindi non abbiamo considerato importante avere una esposizione (verso di essa).
In generale, ING rimane “underweight” sui bond ma continua a tenere in portafoglio alcuni governativi europei, come quelli di Olanda, Francia, Austria e Spagna, che presentano tutti tassi negativi.
Dal canto suo Luc Filip, responsabile della divisione di gestione di portafoglio discrezionale presso Syz, ha riferito che il suo team di investimenti è rimasto fedele alla strategia di puntare sui bond sovrani europei di lungo periodo. Senza prevedere nessun grande scossone: “I tassi continueranno a essere volatili, ed è possibile assistere a oscillazioni di 20-30 punti base al rialzo o al ribasso. Ma, fino a quando le banche centrali rimarranno impegnate a perseguire politiche monetarie accomodanti e l’inflazione rimarrà sfuggente, non intravediamo motivi che possano avallare un rialzo dei tassi”.
Filip ha spiegato che, nel corso dei prossimi anni, un ostacolo importante sarà rappresentato dalla difficoltà dei bond di generare ritorni in un ambiente caratterizzato così tanto da bassi tassi di interesse. Per questo, Syz ha deciso, in via tattica, di detenere posizioni con una duration maggiore, anche se la scelta potrebbe apparire, di primo acchito, poco logica. D’altro canto, a suo avviso, “in una fase in cui assistiamo alla Giapponesizzazione dell’economia globale – con un basso tasso di crescita e una bassa inflazione per un periodo di tempo più lungo (di quanto atteso) – ridurre la duration dell’intera allocazione nei bond potrebbe lasciare gli investitori esposti a tassi bassi in modo persistente”.
Syz ha scelto in generale e anche per questi motivi di diversificare il proprio portafoglio combinando bond governativi con lunga duration con bond high yield e debiti dei mercati emergenti a breve duration.
Così ancora Filip: “Il bund a 10 anni, che nove mesi fa rendeva lo 0,2%, e che ora rende -0,6%, ha garantito un guadagno dell’8% circa nel corso degli ultimi nove mesi. Sebbene abbiamo guadagnato, riteniamo però che i tassi rimarranno bassi per i prossimi cinque anni e che i ritorni attesi sui bond di lungo periodo saranno anch’essi bassi”.
Inoltre, ha fatto notare l’esperto, “il modo in cui il QE della Bce è orchestrato non lascia grandi differenze tra i paesi. I tassi decennali stanno già convergendo: il più alto è quello della Grecia all’1,28%, e il più basso, quello tedesco, è a -0,6%. Tenendo questo in mente, non c’è molto spazio per generare molto alfa in un contesto di disparità così ridotte”.
In questo contesto sfidante che caratterizza il reddito fisso, ha detto ancora Filip, gli investitori dovrebbero di conseguenza adottare un approccio più flessibile. Come ha fatto Syz, per l’appunto, che ha inserito nel portafoglio anche bond high yield e titoli di stato di paesi emergenti di duration minore.