Black Box – Qualche sell signal in più, se ce ne fosse bisogno
Quella che sta avvenendo è una correzione come quelle già viste nel maggio/giugno 2006, a fine febbraio 2007, e poi ancora a metà marzo di quest’anno? Anche questa volta sarà il preludio a una nuova cavalcata verso l’alto?
Verrebbe da rispondere di no, non foss’altro per la velocità con cui questa è avvenuta e per la sua estensione (dura ormai, con l’eccezione di ieri, da 7 sedute). Non fosse altro che per una nuova ondata di richieste di riscatti che stanno interessando alcuni fondi (di nuovo Bear Stearns nell’occhio del ciclone). Non fosse altro infine perchè questa situazione ha l’aspetto di un blob che ha la potenzialità di estendersi a macchia d’olio ad altri fondi, a fondi di fondi, a banche commerciali, assicurazioni e investitori istituzionali che nei fondi in crisi hanno investito, che a questi hanno concesso finanziamenti o dai quali richiedono la copertura dei margini.
In tutto questo baillame il rischio di perdersi informazioni rilevanti è concreto. Personalmente mi sono appuntato alcune cose.
Ieri ha parlato Poole, un membro votante della Fed, solitamente tanto ciarliero quanto poco incisivo. Ebbene questa volta Poole ha spiazzato l’uditorio, e con esso lo scrivente, dichiarando espressamente che la turbolenza dei mercati potrebbe non necessariamente essere considerata eccessiva e che l’istituto centrale è pronto a intervenire se necessario. Insomma la Fed, pare di capire, mette le mani avanti sulla crisi del credito e delle borse, dopo aver parlato per settimane di fenomeno circoscritto al solo settore immobiliare.
C’è un’altro elemento poco sottolineato dalla stampa. Le trimestrali, almeno quelle Usa, non stanno andando così bene. A ieri, con il 60% delle compagnie presenti nell’S&P 500 che hanno presentato i dati, il tasso di crescita degli utili è pari al 7,8%. Discreto, ma decisamente al di sotto della doppia cifra a cui la Corporate America ha abituato.
C’è infine un fattore tecnico, rappresentato dai segnali di estrema divergenza provenienti dal mercato. Negli Stati Uniti in queste ore gli analisti tecnici si interrogano sulla portata di un’evidenza che storicamente ha condotto a vistosi declini degli indici. Nell’ultima settimana infatti si è realizzata più volte una coincidenza storicamente infausta: il simultaneo raggiungimento da parte di titoli diversi di massimi e minimi dell’anno. Una circostanza che va a sommarsi a un’altra eventualità singolare, ossia che a breve distanza dai massimi di sempre molti titoli abbiano ripiegato fino a segnare i loro minimi a 52 settimane.