Benvenuti nel Global Energy Crunch. Goldman Sachs ancora più bullish su petrolio mentre in Cina è stop produzione per fornitori Apple e Tesla

La preoccupazione che di petrolio e di gas naturale ce ne sia sempre di meno in giro per il mondo continua a ossessionare gli investitori, tanto che Goldman Sachs rivede al rialzo il proprio outlook sui prezzi.
Il Brent balza fino a +1,5% a $79,23 al barile, dopo aver concluso la settimana scorsa con il terzo guadagno consecutivo su base settimanale. Il WTI scambiato a New York balza anch’esso fino a +1,5%, a $75,09 al valore più alto da luglio, dopo aver incassato il quinto rialzo settimanale consecutivo.
Entrambi i contratti oscillano attorno ai massimi dal 2018. E le stime rimangono decisamente bullish, in un momento in cui economisti e analisti temono che l’offerta delle commodities non riesca a stare al passo con il balzo della domanda post reopening post pandemia Covid-19.
Benvenuti nel Global Energy Crunch, ovvero nel New Normal post pandemico caratterizzato dalla contrazione dell’offerta di energia.
Nne sanno qualcosa gli italiani, ma non solo, che hanno già subìto lo shock bolletta, che tra l’altro il governo Draghi sta cercando di arginare, a causa del boom dei prezzi del gas naturale che ha colpito e che si prevede colpirà ancora diversi paesi europei.
Global Energy Crunch + Cina: problemi per Tesla e Apple
Ma il fenomeno è talmente globale che arriva in queste ore la notizia di alcuni fornitori di Apple e Tesla che sono stati costretti a interrompere la produzione.
Reuters ha comunicato che diversi gruppi fornitori dei due giganti hanno sospeso la produzione in alcune fabbriche cinesi, e anche per diversi giorni, in linea con i diktat del governo di Pechino, che ha imposto limiti più stringenti al consumo di energia:
questi stop rischiano ora di mettere a rischio la catena di approviggionamento di società attive nel mondo hi-tech, proprio nell’alta stagione dei prodotti elettronici.
In particolare la società fornitrice di Apple Unimicron Technology ha comunicato l’alt della produzione di tre sue sussidiarie cinesi dalla giornata di ieri fino al prossimo 30 settembre, “al fine di rispettare la politica di limitazione di elettricità dei governi locali”. Il gruppo taiwanese ha però rassicurato di non prevedere un impatto significativo dallo stop, visto che altre fabbriche colmeranno il gap.
Eson Precision, divisione del colosso taiwanese Hon Hai Precision Industry (Foxconn), ha annunciato che nelle sue fabbriche situate nella città cinese di Kunshan, l’alt, entrato in vigore da ieri, durerà fino al prossimo venerdì.
Concraft Holding , altro fornitore per gli iPhone di Apple proprietario di impianti manifatturieri nella città di Suzhou, interromperà inoltre la produzione per cinque giorni, fino a mezzogiorno di giovedì.
Interpellati da Reuters, i produttori di chip United Microelectronics Corp (UMC) e Taiwan Semiconductor Manufacturing hanno risposto di non prevedere conseguenze sulla produzione dei loro impianti cinesi, in quanto, ha detto per esempio UMC, “la nostra fabbrica Hejian a Suzhou sta al momento operando al massimo della sua capacità produttiva”. E altre due fonti vicine al dossier hanno riferito a Reuters che le aziende di Kunshan di Foxconn hanno assistito a un impatto “molto contenuto” sulla produzione e che Foxconn ha effettuato “aggiustamenti” soltanto lievi all’utilizzo della capacità.
Fatto sta che di global energy crunch se ne parla sempre di più, a giustificazione, anche, del boom dei prezzi del petrolio, sulla scia delle preoccupazioni sulla disponibilità dell’offerta dell’oro nero.
Petrolio: Goldman Sachs rivede stime fino a +$20
E così Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le previsioni sui prezzi del petrolio Brent e WTI, motivando la decisione con la convinzione che il mercato passerà da un “mercato ciclico a uno strutturalmente bullish”.
“Prevediamo che questo rally continuerà, con le nostre stime di fine anno per il Brent a $90 al barile, rispetto agli $80 al barile precedenti”.
I prezzi, secondo gli analisti, potrebbero oscillare attorno ai $90 al barile tra i mesi di dicembre e gennaio.
Per il contratto WTI, l’outlook per la fine del 2021 è stato migliorato a $87 al barile, con la media per il 2022 portata a $78 dai precedenti $72 e la media per il 2023 aumentata da $62 a ben $82 al barile. Un upgrade notevole, quest’ultimo, pari a ben 20 dollari.
Così si legge nella nota di Goldman Sachs:
“Sebbene sia da tempo che abbiamo una view bullish sul petrolio, l’attuale deficit dell’offerta di petrolio rispetto alla domanda è più ampio di quanto atteso, con la ripresa della domanda globale dall’impatto di Delta (variante Delta) più veloce rispetto al nostro outlook – che è superiore rispetto a quello del consensus -, e a fronte di un’offerta globale che rimane inferiore alle nostre stime, -che sono inferiori a quelle del consensus-“.
Il contratto sul petrolio WTI ha chiuso la sessione di venerdì scorso a $75 al barile, dopo ben cinque settimane di guadagni. Tra i fattori bullish, c’è il calo delle scorte, con quelle made in Usa vicine al minimo in tre anni.
I prezzi del petrolio sono volati di oltre l’80% nell’ultimo anno, prezzando l’uscita dell’economia dalla quarantena, che ha fatto balzare la domanda di beni e servizi da parte dei consumatori.
Dall’altro lato, c’è l’alleanza Opec+, che sta rilasciando il petrolio crude precedentemente tagliato in modo solo graduale, contribuendo a far persistere, in questo modo, la contrazione dell’offerta.