Bank of Japan vittima della trappola della liquidità. E ora a rischio è la borsa di Tokyo
Bank of Japan e Giappone invischiati nella trappola della liquidità. La politica monetaria ultraespansiva lanciata dalla banca centrale del paese non riesce a piegare la minaccia della deflazione. Quel target di inflazione del 2% rimane un miraggio, tanto che l’istituto guidato da Haruhiko Kuroda, getta la spugna e rivede al ribasso le stime sull’inflazione.
Ora, per l’anno fiscale che terminerà nel marzo del 2017 prevede un tasso di inflazione dell’1,1%, rispetto all’1,4% atteso in precedenza, mentre per l’anno che termina nel marzo del 219 l’outlook passa dall’1,7% all’1,5%.
Lo yen accusa la notizia e scende a JPY 112,13 nei confronti del dollaro, mentre il Giappone rimane ufficialmente l’unico paese avanzato che, secondo le previsioni, dovrebbe ancora lasciare i tassi di interesse invariati per un periodo che potrebbe durare ben oltre le aspettative dei mercati.
Nel comunicato relativo alla riunione odierna, si legge che la Bank of Japan mantiene il target del tasso decennale dei titoli di stato allo zero per cento circa e il tasso decennale stesso fermo al -0,10%. Confermato anche il piano di Quantitative easing da 80 trilioni di yen l’anno.
Le stime sul Pil del Giappone vengono riviste invece al rialzo; per l’anno fiscale 2017 si prevede una crescita economica dell’1,8%, per il 2018 dell’1,4%, mentre per il 2019 dello 0,7%. I rischi, sia sull’economia che sui prezzi, sono indicati al ribasso. Per la banca centrale, il target di inflazione al 2% potrebbe essere raggiunto all’incirca nell’anno fiscale del 2019 (che sarebbe l’anno fiscale che termina nel marzo del 2020). Viene così posticipato il raggiungimento del target.
Se lo yen ha puntato verso il basso, l’indice azionario allargato della Borsa di Tokyo, il Topix, ha guadagnato nella sessione odierna +0,8%, a 1.634 punti. Non una sorpresa visto che il mercato azionario giapponese, composto da titoli dipendenti dalle esportazioni, tende di norma a reagire positivamente all’indebolimento della valuta.
A dispetto della sua politica ultra-accomodante, la Bank of Japan ha tuttavia già iniziato una operazione di tapering, che rischia di innervosire gli investitori di tutto il mondo: quella con cui acquista gli ETF dal 2010.
Negli ultimi giorni, Bloomberg News ha riportato indiscrezioni, secondo cui alcuni stessi funzionari della BoJ sarebbero preoccupati riguardo alla sostenibilità del programma.
D’altronde, gli acquisti sono stati tali che, in base a quanto trapela dai dati fine giugno, la BoJ possiede il 71% circa di tutte le azioni giapponesi che sono scambiate sugli ETF: una partecipazione che equivale al 2,5% della capitalizzazione di mercato del paese.
Tra l’altro, lo stesso numero uno della Borsa di Tokyo, a sorpresa, non ha nascosto di temere gli effetti di tali acquisti sulle quotazioni di mercato. Akira Kiyota, amministratore delegato del Japan Exchange Group, ha puntato il dito contro Kuroda, affermando che gli acquisti di ETF da parte dell’istituto centrale stanno provocando distorsioni al mercato.
“Nel lungo termine il programma non è positivo. Se si continua ad acquistare all’anno 6 trilioni di yen di azioni, ciò significa che l’azionario è sottoposto continuamente a distorsioni”.
Sul fronte dei titoli di stato, anche qui la Bank of Japan ha avviato una sorta di tapering, senza tuttavia scatenare il panico tra gli investitori, in quanto ha fatto del target della curva dei rendimenti la sua priorità.