Banche venete: bail-in stessi effetti di un default della Grecia. 4 fondi e Poste pronti a entrare (forse)
Se non verrà trovata una soluzione per il salvataggio della Popolare di Vicenza e Veneto Banca, le conseguenze potrebbero essere disastrose quanto un default della Grecia. Ne è convinto l’amministratore delegato della Popolare di Vicenza, Fabrizio Viola, che in una intervista a Il Corriere della Sera ha affermato che “gli effetti di una crisi non risolta delle due banche venete non sarebbero molto inferiori a quelli generati dal default della Grecia”. La procedura di bail-in, spiega Viola, imporrebbe il rientro di impieghi a tutela dei depositi e questo richiamo creerebbe “uno sconquasso tremedo” in una delle aree del Paese, quella del Nord Est, tra le più importani per l’economia italiana.
Le due banche venete devono rafforzare il proprio patrimonio con 6,4 miliardi di euro, ma la Commissione Ue esige che oltre 1 miliardo arrivi da risorse private. Il governo italiano è alle prese per trovare un investitore che possa mettere a disposizione una tale cifra, dopo che il fondo Atlante ha negato la sua disponibilità. Nelle ultime ore sarebbero emerse però delle possibili soluzioni.
Sempre secondo Il Corriere della Sera, quattro operatori di private equity – Atlas, Centerbridge, Warburg Pincus in cordata con il fondo hedge Baupost – sarebbero disposti a entrare nella Popolare di Vicenza e Banca Veneto. Secondo il quotidiano, non sarebbero state ancora definite le modalità di ingresso di questi quattro fondi. Si parla di un prestito obbligazionario convertibile o di altri strumenti partecipativi.
La Repubblica invece ha avanzato l’ipotesi di un intervento di Poste Italiane. Qui le opzioni possibili sarebbero due: il gruppo potrebbe entrare nel capitale mancante con un importo ancora da definire; oppure potrebbe acquistare il “sistema Cattolica” attraverso Poste Vita, così da ridurre il fabbisogno di capitale di Vicenza di 250 milioni di euro.