Banche ostaggio dei tassi Bund, la correlazione perfetta che incute paura
Lo spettro recessione torna ad aleggiare in Europa e le banche sono le prime vittime sui mercati. La doccia fredda degli indici PMI, in particolare il Pmi manifatturiero tedesco scivolato ai minimi a 10 anni, ha scatenato le vendite sui mercati azionari e in particolare a pagare dazio sono le banche.
Banche sotto attacco, la reazione a catena dopo PMI tedesco
Ribassi nell’ordine del 3% per big europee quali BNP Paribas, SocGen e Deutsche Bank; peggio fa Commerzbank con addirittura oltre -7%. In Italia non sono da meno le rappresentanti tricolori del settore: -3,25% Unicredit, -3,1% UBI Banca e -2,18% Bper; contiene i cali Intesa Sanpaolo a -1,59%.
Movimento che segue quello inverso dei bond governativi con il Bund decennale tedesco tornato a correre con tassi tornati a -0,58%. Rally analogo per il BTP con tasso vicino ai minimi storici a 0,84%. Nell’ultimo mese il ritracciamento dai record del Bund aveva dato respiro alle banche che pagano la prospettiva di tassi negativi ancora a lungo, che peserebbero non poco sulla redditività del settore.
L’analisi di DWS, valutazioni toccano minimi da 1989
Basta dare un sguardo alla correlazione tra i titoli bancari della zona euro e i rendimenti dei Bund per capire quanto le banche siano storicamente dipendenti dai tassi di interesse a lungo termine.
In questi giorni forse non vorresti essere un analista bancario – rimarca DWS nel report ‘Chart of the week’ – Istituzioni grandi, globali, complesse, con aree e modelli di business diversi. Poi ci sono sempre nuove normative e giovani società finanziarie tecnologiche che esercitano pressioni sui margini già ristretti. Questo non è certamente divertente. Ma è ancora meno divertente se non ci si limita ad analizzare questo settore ma si ha investito nel settore. A metà agosto sulle borse europee il settore è stato valutato al livello più basso dal 1989″.
Proprio dai minimi del 14 agosto, il settore (considerando l’Euro Stoxx Banks, che comprende le banche della zona euro) ha messo a segno un corposo tentativo di recupero in parallelo con il rialzo dei rendimenti sull’obbligazionario.
Banche condannate a soffrire ancora?
Cosa fare, se si vuole ancora investire in questo settore, magari per ragioni anticicliche? Il rapporto prezzo/valore contabile di soli 0,6 è allettante se si considerano i dati contabili riportati al valore nominale. “A prima vista – rimarca DWS – un modo per sfuggire alla complessità del settore sembra essere una sorprendente correlazione. L’andamento del settore bancario rispetto al mercato complessivo è quasi parallelo a quello dei titoli di Stato tedeschi a 10 anni. Il coefficiente di correlazione, basato sulla performance settimanale degli ultimi dieci anni, è un sorprendente 0,91″.
L’asset manager tedesco rimarca come la combinazione di due ragioni che può spiegare questa sincronicità. Da un lato, i tassi di interesse a lungo termine sono visti come un indicatore di come gli investitori valutano le prospettive di crescita. Essendo un settore altamente ciclico, le banche sono quindi predestinate a beneficiare di un clima economico più favorevole. In secondo luogo, c’è il margine di interesse, da cui le banche europee dipendono molto di più delle loro controparti statunitensi, dove i prestiti alle imprese non svolgono più un ruolo importante. “Poiché la parte corta della curva dei rendimenti, in particolare il tasso di rifinanziamento della Banca Centrale Europea, è da tempo vicino o a zero, il margine dipende in larga misura dal livello dei tassi di interesse nella parte lunga della curva”, asserisce DWS che si domanda: Quindi investire è diventato facile? “Purtroppo solo da una prospettiva ex-post. Ex-ante si deve avere una posizione chiara sull’evoluzione dei tassi di interesse a 10 anni. Chiunque ritenga che i tassi di interesse rimarranno bassi per un certo periodo di tempo, dovrà probabilmente cercare altrove i rendimenti“.