Notizie Notizie Italia Banche italiane e lo ‘storico’ sorpasso alla voce ricavi: meno orientate ai prestiti, più alla vendita di prodotti    

Banche italiane e lo ‘storico’ sorpasso alla voce ricavi: meno orientate ai prestiti, più alla vendita di prodotti    

20 Agosto 2021 14:51

“Stanno diventando sempre più negozi finanziari, le banche italiane: sembrano sempre meno orientate all’attività tradizionale, quella legata ai prestiti, e sempre più indirizzate a vendere prodotti di risparmio e anche assicurativi”. Inizia così la lunga analisi della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) sui bilanci 2020 delle banche italiane, nella quale mette in evidenza come si sta evolvendo il settore bancario del nostro Paese.

Meno prestiti e più vendita di prodotti: storico sorpasso per i ricavi delle banche

Dalla fotografia scattata dalla federazione guidata da Lando Sileoni emerge che le commissioni crescono (50,5% del totale), ma calano i ricavi da margine d’interesse (49,5%). Su 78,1 miliardi di euro di ricavi totali, infatti, oltre la metà, cioè 39,4 miliardi, arriva dalle commissioni mentre il credito garantisce ricavi per 38,7 miliardi: “La distanza tra le percentuali, 50,5% contro 49,5%, sembra irrilevante, ma in realtà si tratta di un ‘sorpasso’ storicamente importante che si riflette anche sulla clientela“, sottolineano dalla Fabi. Resta residuale, invece, la fetta definita “altri ricavi diversi dalle commissioni” nella quale sono ricomprese, tra altro, le attività di trading su titoli finanziari (a esempio la compravendita di azioni). Fabi sottolinea che il settore sta però perdendo redditività: il roe (return on equity, ritorno sul capitale, cioè l’indice che misura la redditività di una banca) dopo aver toccato il picco nel 2018 attorno al 6% si è ulteriormente ridotto nel 2020, calando all’1,9% dal 5% dell’anno precedente.

Perchè le banche virano in questa direzione?

Ma perchè le banche preferiscono concentrarsi più sulla vendita di prodotti e meno sui prestiti? “Le banche – spiega Fabi – puntano su attività poco rischiose (la vendita di prodotti finanziari, appunto) e mettono in qualche modo in secondo piano i prestiti, ambito reso sempre più complesso anche per le regole stringenti, forse troppo, scritte in Europa. Le banche sostengono che i tassi di interesse particolarmente contenuti rendano poco redditizia l’attività creditizia. Una questione su cui si sofferma il sindacato che scrive: “Laddove le banche lamentano scarsi profitti col margine d’interesse, tuttavia, occorre notare che i costi della ‘provvista’ di denaro sono assai bassi: la raccolta diretta da clientela di fatto non è remunerata e la liquidità fornita dalla Banca centrale europea con le operazioni di rifinanziamento a lungo termine viene acquistata addirittura a tassi negativi”. Di conseguenza, aggiunge il sindacato, “i finanziamenti a imprese e famiglie, anche se erogati a tassi d’interessi quasi irrilevanti, cioè di pochissimi punti percentuali, assicurerebbero comunque alle banche un margine di guadagno discreto, ancorché lieve e più contenuto rispetto a quello di qualche anno fa”.

Sileoni mette in guardia: con fase aggregazioni possibile “concorrenza sfrenata”

“La riduzione dei prestiti, e quindi dei ricavi derivanti da queste attività, è legata anche all’attenzione crescente della Banca centrale europea alla qualità del credito, con regole stringenti che portano a una riduzione degli impieghi: tuttavia ci sono spazi per le banche più lungimiranti che, per esempio, potrebbero finanziare le idee e i progetti delle imprese”, afferma il segretario Fabi, Lando Sileoni, secondo il quale bisogna tenere sotto stretta osservazione questa fase di aggregazioni che produrrà, nel settore bancario, una concorrenza sfrenata. “Per quanto riguarda i ricavi, occorre ricordare che i fondi di investimento stranieri, tra i principali azionisti delle banche italiane, sono interessati esclusivamente ai dividendi e più sono alti, più gli amministratori delegati delle stesse banche preservano le loro posizioni di vertice – sottolinea ancora Sileoni -. Tutto questo quadro potrebbe causare danni alla clientela bancaria, sia famiglie sia imprese, che, comunque, nell’ambito di un mercato libero e in piena concorrenza, potrà sempre scegliere le soluzioni più adeguate alle proprie esigenze”.