Notizie Notizie Italia Banche italiane: concreti segnali di pericolo, Unicredit avrebbe bisogno di 8 miliardi

Banche italiane: concreti segnali di pericolo, Unicredit avrebbe bisogno di 8 miliardi

6 Luglio 2016 14:57
banche italianeTorna la paura sulle banche italiane, con il nuovo tonfo di Mps che ha messo al tappeto anche le sue obbligazioni convertibili. In attesa del 29 luglio quando l’Eba, l’autorità bancaria europea, divulgherà i risultati degli stress test sui 51 principali istituti del Vecchio Continente, il governo italiano sta contemplando un intervento pubblico, che secondo gli analisti di Saxo Bank dovrà essere fatto in fretta: UniCredit, Intesa, Mps, Banco Popolare e Ubi hanno accumulato, in totale, al termine del primo trimestre del 2016, 119 miliardi di euro di crediti in sofferenza. L’intero sistema bancario italiano ha circa 400 miliardi di euro di crediti deteriorati. Il valore azionario complessivo delle banche italiane quotate è di circa 125 miliardi di euro (al termine del primo trimestre) e circa il 75% dei crediti deteriorati non sono coperti.
Rischio concreto?
Secondo gli analisti di Saxo Bank, un’altra strada per meglio comprendere la crisi delle banche italiane è di analizzarla attraverso il Texas Ratio, un indice che misura l’ammontare degli asset e dei crediti deteriorati (compresi i prestiti insolventi da più di 90 giorni), diviso per l’equity della banca più il suo fondo rischi sui prestiti. Se l’indice supera il 100%, si tratta di un grande segnale di pericolo. Ebbene, sette delle 47 banche componenti l’indice EuroStoxx 600 sono attualmente al di sopra di tale soglia e tre di queste sono banche italiane. Poco al di sotto del livello massimo, però, si trovano altri due istituti di credito italiani – Unicredit e Banca Intesa – il che lascia bene intendere l’ampiezza della crisi.
3 miliardi per Mps e 8 miliardi per Unicredit
In questi giorni il governo italiano sta negoziando con le istituzioni europee per tentare di utilizzare l’articolo 32 della direttiva europea relativa al risanamento degli istituti creditizi. Questa norma consentirebbe di attivare degli aiuti di stato temporanei nel caso in cui un ente rischiasse di fallire il prossimo stress test dell’Eba (creando quindi una stato di insolvenza tale da produrre una crisi bancaria che potrebbe finire fuori controllo). L’idea è quella di iniettare nuovo capitale su Mps attraverso la vendita al governo italiano, attraverso il fondo Atlante, di nuove obbligazioni convertibili per un totale di 3 miliardi di euro. Mentre ammonterebbe a circa 8 miliardi la necessità di capitale per Unicredit, secondo Saxo Bank. 
Il campo minato politico potrebbe attivare la Bce
Tuttavia, Bruxelles non permetterà al governo italiano di iniettare nuovo capitale nelle proprie banche se non attraverso l’articolo 32 (applicabile, al momento, solo per Mps). Le regole non possono essere cambiate per l’Italia, nonostante l’entità del problema, a causa del recente fallimento bancario in Portogallo con il Banco Espírito Santo, i cui azionisti e creditori hanno sopportato le perdite. “Se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente, è molto probabile che intervenga la stessa Bce iniettando nuovo capitale nelle banche italiane in cambio di garanzie sulla stabilità dei prezzi”, affermano da Saxo Bank, che spiegano come essendo l’inflazione già poco al di sopra dello zero, un’altra ondata di pressione al ribasso dei prezzi al consumo costringerebbe la Bce ad agire. Sulla base di questa interpretazione, la Bce potrebbe rappresentare il meccanismo di salvataggio delle banche italiane, ma con dei notevoli costi per azionisti e creditori.