Azionario sotto attacco COVID-19. Trimestre peggiore della storia per Piazza Affari e borsa Madrid
Non solo Wall Street: diverse le borse mondiali che hanno archiviato il primo trimestre dell’anno peggiore della loro storia. Tra queste, le borse di Milano e di Madrid, che hanno scontato il diffondersi a macchia d’olio del coronavirus che ha colpito soprattutto l’Italia e la Spagna.
Il numero dei contagiati in Italia – stando ai dati della Johns Hopkins University – ha superato nelle ultime ore le 105.000 unità, a fronte di più di 12.400 decessi mentre la Spagna conta più di 95.000 casi di persone infettate, a fronte di più di 8.400 morti.
Il risultato è che, dall’inizio del 2020 fino alla chiusura della sessione di ieri, martedì 31 marzo, l’indice Ftse Mib di Piazza Affari è capitolato del 27,46%.
Ancora peggio, l’indice IBEX 35 di Madrid, che si è confermato il peggior listino tra tutti i principali indici di Borsa europei, bruciando il 28,94% e chiudendo così il trimestre peggiore di sempre, com’è stato per la borsa di Milano.
L’indice di riferimento dell’ azionario europeo Stoxx 600 ha perso il 23,03% da inizio anno, riportando anch’esso il primo trimestre peggiore di sempre, ma facendo meglio – seppure in misura molto lieve – della perdita del 23,33% sofferta nel terzo trimestre del 2002.
Andando avanti nel presentare numeri da bollettino di guerra, il CAC 40 della borsa di Parigi ha segnato un tonfo del 26,46%; il Ftse 100 di Londra ha fatto -24,8% e il Dax di Francoforte è capitolato del 25%.
Trimestre da incubo per l’azionario globale
Il QE di emergenza che la Bce di Christine Lagarde si è decisa a varare, ovvero il “Pandemic Emergency Purchase Programme” non è riuscito a evitare l’emorragia di capitali dalle borse europee, così come anche la decisione di diversi governi di aprire i rubinetti delle casse statali per aiutare famiglie e imprese a corto di liquidità.
Il problema è che, come fanno notare diverso analisti, fino a quando persisterà il lockdown, ovvero fino a quando l’attività economica stessa, oltre ai cittadini, permarrà in uno stato di quarantena, sarà difficile trovare motivi per sperare in una ripresa dei fondamentali. E questo i mercati, che anticipano sempre il futuro, lo sanno.
Così ha commentato alla Cnbc Charalambos Pissouros, senior market analyst presso JFD Group:
“Come abbiamo fatto notare diverse volte, gli stimoli monetari e fiscali potrebbero non essere sufficienti a rilanciare la crescita globale, se le nazioni di tutto il mondo rimarranno in modalità lockdown per altri mesi. Di conseguenza, quando ciò sarà incorporato nei dati economici, gli investitori potrebbero decidere per l’ennesima volta di abbandonare gli asset legati al rischio, a favore di quelli rifugio. Per farci cambiare idea, dovrebbe essere pronto per la distribuzione un vaccino: vaccino che, in questo caso, non è né una maggiore spesa pubblica, né un allentamento di politica monetaria”.
Allo stesso Amit Lodha, gestore di portafoglio per Fidelity International Equities, ha citato quella che può essere considerata la filosofia di investimento del suo collega Anthony Bolton (tra i principali gestori di fondi UK, gestore del fondo Fidelity Special Situations dal dicembre 1979 al dicembre del 2007:
“The most money in equity markets is made when things go from bad to less bad”. Ovvero: “sui mercati azionari la maggior parte dei soldi si fa quando la situazione da negativa diventa meno negativa“.
A tal proposito, va ripetuto che, in un contesto di questo tipo, il rischio è che la paura porti gli investitori a perdersi rialzi “preziosi” per la performance di lungo periodo. Marzo è stato uno dei mesi più volatili di sempre per i mercati azionari, ma non così tragico come si prefigurava fino a poche settimane fa.
Dopo aver chiuso sui minimi a oltre tre anni la seduta di lunedì 23 marzo, il Dow Jones ha inanellato tre rialzi record dal lontano 1931 con un +20% dai minimi, in scia all’approvazione da parte del Congresso Usa del maxi-pacchetto di stimoli fiscali.
Discorso analogo per il Ftse Mib italiano, risalito del 20% circa a fine marzo rispetto ai minimi toccati nella settimana centrale dello scorso mese.
Così Lodha di Fidelity ha scritto in una nota: “Nel medio lungo termine, quando il quadro si stabilizzerà, potremmo ritrovarci in un contesto simile a quello del 2009. In quel tipo di ripresa, la cosa migliore da fare è stato vendere tutto ciò che era stato ‘difensivo’ nel 2008 – società caratterizzate da una buona qualità con un basso leverage – e acquistare tutto ciò di ciclico che era sopravvissuto“.
Tornando al trimestre da incubo che si è appena chiuso, da segnalare che l’ indice Dow Jones ha perso nei primi tre mesi dell’anno più del 23%, riportando il tonfo più forte, su base trimestrale e nel primo trimestre dell’anno, dei suoi 124 anni di storia; perdite superiori a -20% anche per lo S&P 500, che ha sofferto la debacle più sostenuta dalla crisi finanziaria del 2008. Male anche il Nasdaq che, con il calo superiore a -14%, ha riportato il trend trimestrale peggiore dagli ultimi tre mesi del 2018.
Nel solo mese di marzo, inoltre, miglioramenti a parte, il Dow Jones ha perso il 12,5%; lo S&P 500 ha ceduto oltre -11% e il Nasdaq ha fatto -9,5%. I tre indici hanno sofferto la flessione, su base mensile, più forte dal 2008.